Il malore attivo dei giovani prigionieri livornesi

Penso che la vita sia dura per tutti ma per fortuna ci sono legami e persone che ce la rendono migliore. (Yuri, 9 maggio 2010)

 

La morte di Yuri riapre il cimitero Sughere per lasciar cadere nella fossa comune dei morti reclusi un altro corpo innocente. È il dato che registriamo oggi, davanti all’ennesima presa in giro dell’amministrazione penitenziaria che, davanti al decesso di un ragazzo di 28 anni, detta la sua sentenza: è stato un malore attivo. Chissà che la direzione del carcere livornese non stia pensando di far passare uno spot pubblicitario sui i media locali: “Giovani livornesi, pensateci due volte prime di delinquere perchè se alle Sughere c’entrate giovani, il malore attivo vi colpirà misteriosamente e ne uscirete morti”.

1º atto
Sembra proprio così, perchè a quanto pare né la Direzione né gli organi regionali e nazionali hanno preso parola sulla vicenda. Hanno delegato l’anatomista, colui che taglia i corpi e ricuce le verità. È lui il nuovo oracolo che l’istituzione invoca davanti al sospetto intero di una città. Lui dirà, in nome della medicina penitenziaria, se la verità è qualcosa di dimostrabile o è semplicemente il risultato di un’ipotesi da confermare. Nel silenzioso e oscuro laboratorio di dissezione, l’anatomista ha atteso tre giorni per stabilire il secondo verdetto. Un tempo che farebbe impallidire anche le vecchie leggi speciali antiterroriste, che permettevano, e permettono ancora, alle polizie italiane di possedere, torturare, violare e spremere per giorni i corpi, in vita, di coloro che devono risultare colpevoli di qualcosa che serva allo Stato per confermare le proprie verità.
Questa volta però è stato diverso: quest’attesa fortunatamente non è stata fatta passare inosservata. La storia qualcosa insegna e Livorno, almeno quella Livorno che non abbassa la testa davanti alle verità dello Stato, non è disposta a tollerare che il carcere della città uccida coloro che per ragioni di povertà ci finiscono dentro. Così, mentre l’anatomista dissezionava le varie ipotesi e verificava con i differenti responsabili istituzionali, qual’era la verità migliore da confermare, centinaia di persone si sono piazzate davanti ai cancelli di quell’ammasso di cemento rosato di vergogna ed hanno processato il carcere, i suoi funzionari, i suoi secondini, le loro squadrette, i loro metodi, le loro omertà, i loro silenzi, i loro traffici, i loro malori attivi. “Assassini”. E con questa semplice parola, il popolo, quello che ancora decide di rappresentarsi senza intermediari, mediatori e spacciatori di democrazia, ha deliberato.
Ora che il primo atto della tragedia penitenziaria si è concluso con l’anatomista che dichiara il suo verdetto medico, inizia il secondo: la farsa.

2º atto
Marx, analizzando il colpo di stato con il quale il cugino di Napoleone, il 18 brumaio del 1799, prese il potere in Francia, stabilì una formula che ancora oggi è valida per avere una percezione di quello che ci sta accadendo intorno. Diceva Marx che mentre Napoleone Bonaparte conquistò tutta l’Europa con epiche e sanguinarie battaglie che uccisero migliaia di persone, il cugino, Luigi Bonaparte, tentando di imitarlo, esaurì in un anno la sua carriera di dittatore con la sconfitta della Francia davanti al potente esercito prussiano di Bismarck. E aggiungeva: “Hegel nota in un passo delle sue opere che tutti i grandi fatti e i grandi personaggi della storia universale si presentano, per cosí dire, due volte. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda volta come farsa”.
Ora, davanti alla tragedia quotidiana delle Sughere, con i suoi organi direttivi che cambiano e che non pagano mai penalmente le responsabilità dei morti che restano, la morte di Yuri ci proietta nella farsa politica delle istituzioni livornesi, che davanti alla morte di venti persone in dieci anni è riuscita di nuovo a cavarsela premendo il “play” del disco democratico.
Abbiamo letto che il senatore Filippi e il Garante dei detenuti Solimano sono arrivati di soqquatto al carcere livornese. “Senza preavviso”, dicono. Come se noi livornesi fossimo tutti ignoranti, ci raccontano che sono arrivati alle Sughere e quasi quasi ci sono entrati saltando il muro di recinzione. In pratica vogliono farci credere che i loro occhi hanno visto la verità dei fatti. Ma visto che non tutti votiamo PD, c’è da ricordarsi che i loro occhi, anche se autorizzati a entrare “senza preavviso” (questa è una dei cosidetti privilegi che vengono concessi ai Garanti e ai parlamentari) sono entrati in quel mattatoio soltanto quando l’amministrazione penitenziaria ha chiamato la medicina forense, ha avvisato la polizia locale, ha riunito la popolazione carceraria, ha isolato il corpo di Yuri, ha attraversato il luogo del decesso, ha stabilito la sceneggiatura ed ha garantito che la trama che porta alla verità avrà bisogno di giorni (perchè?) per essere dichiarata ai parenti più stretti, per essere immessa nei circuiti mediatici, per essere registrata giuridicamente come l’unica e vera.
Poi, per confermare che all’origine di tutto c’è pur sempre una tragedia che è difficile convertire in farsa, ci viene detto attraverso la stampa che “i detenuti” (chi, quali, come, perchè, con che forme, in che modo?) hanno protestato per le proprie condizioni di reclusione e lo hanno fatto smentendo l’ipotesi che potesse essere accaduto qualcosa di simile a quello che accadde con Marcello Lonzi. Insomma, ci fanno sapere che c’era del nervoso nell’aria. Tutti erano preoccupati a dire che Yuri non è morto come Marcello. Invece di dire com’è morto, si diceva come non è morto. E visto che la tragedia ritorna sempre come farsa, oggi si può confermare: Lonzi è morto come Yuri. Ovvero Yuri è morto come Lonzi.
Per entrambi vale il “virus” del malore attivo, del volo per infarto dalla branda. No anzi: dell’inalazione della bomboletta di gas. O forse del colpo che hanno picchiato in terra cadendo. O chissà inalando il gas e volando dal letto. O magari volando dal letto, picchiando in terra, rialzandosi, inalando il gas… Insomma, non stiamo ora a fare gli schizzignosi: il malore attivo può funzionare in diversi modi. L’anatomista aspetta gli esami tossicologici però intanto circola la notizia che “forse Yuri è ucciso dal gas inalato”. Questa notizia si trasforma in notizia Ansa e la notizia Ansa si trasforma in verità. Intanto però gli esami tossicologici non arrivano e in fin dei conti – penserà l’amministrazione penitenziaria – “l’importante è che si dimostri che noi non c’entriamo… Che non l’abbiamo picchiato”.

3º atto
Allora proviamo ad uscire dalla farsa e a dire qualcosa in più, in attesa che gli esami tossicologici confermino la verità della verità che è stata data per verità. Alle Sughere le bombolette sono state più volte additate come responsabili di vari decessi eppure nessuno dei responsabili dell’amministrazione penitenziaria che ne autorizzano la vendita e la circolazione è mai stato portato a processo per concorso in omicidio. Perché? Non c’è bisogno di essere un Garante per rendersi conto che la circolazione delle bombolette di gas ha una funzione paradigmatica nel contesto di un carcere.
Come sostanza che attiva un rituale di modificazione di coscienza, il gas della bomboletta ha assunto un valore di scambio all’interno delle sezioni carcerarie. Com’è facile comprendere, la modificazione della coscienza è una delle risorse indispensabili per sostenere le torsioni mentali e fisiche della reclusione. Attivando uno stato di transe incosciente (ben differente da quello cosciente che può essere attivato dal detenuto in grado di produrre, mediante la respirazione, la yoga, il sogno, la lettura, la scrittura, il disegno… degli sdoppiamenti che gli consentono di conservare, mediante un’osservazione attiva, la sua lucidità) il gas funziona come una droga ed è di fatto considerata tale nel mercato di droghe a disposizione della popolazione più povera delle sezioni carcerarie. La bomboletta, venduta legittimamente nei market delle sezioni come strumento per scaldarsi gli alimenti nella propria cella, ha in realtà questa funzione principale: produrre degli stati modificati di coscienza, tra i più incoscienti possibili di quelli a disposizione di un portafogli di una persona di 28 anni che arriva in galere per furto e non dispone di altre risorse che gli permettano di attingere “merce” migliore nel mercato delle droghe dei cortili. In questo senso, la bomboletta è il secondo livello di sballo garantito dallo Stato. Al primo livello troviamo psicofarmaci e metadone, somministrati a fiumi per mantenere disattivata la gran parte della popolazione tossicodipendente che popola le carceri italiane. Queste merci vengono immesse gratis nei mercati carcerari, grazie al ricettario degli staff psicologici e psichiatrici sempre disposti a sedare i possibili conflitti dei reclusi più agitati. Mercati che per le grandi aziende farmacologiche rappresentano, ovviamente senza avviso previo, degli enormi laboratori di sperimentazione degli effetti devastanti delle sostanze che vengono inserite nelle bocche delle cavie recluse. Al secondo livello troviamo la bomboletta: potremmo definirla come una specie di droga sovvenzionata dallo Stato visto che non arriva gratis ma per garantirne il consumo e la legittimità della vendita, viene chiesto un contributo da parte del prigioniero. Chi la vende? Chi la distribuisce? Chi ci guadagna? Chi l’autorizza? Chi la consuma? Poi si sale di livello e si arriva all’erba e al fumo. Potenzialmente le meno dannose ma di fatto le più pericolose per gli odori che distribuiscono nei corridoi, sono sostanze che si trovano nel mercato, anche quello delle Sughere, ma vanno nelle mani di chi viene lasciato fumare in pace: ovvero per fumarle devi essere in condizioni di potere per non essere scalfito dalla visibilità che produce l’odore. Si arriva poi alle pasticche, gli acidi, i “cartoni”, la lisergica: un mercato abbastanza fornito visto che il consumo è inodore e la distribuzione raggiunge delle velocità e dei circuiti più ampli che garantiscono maggiore tranquillità. Gli effetti sono devastanti ma non i profitti: di fatto è il livello di coloro che, giovani, arrivano in galera per traffico e vengono inseriti nel mercato direttamente, per consumo o per capacità di “movimento”. Passiamo poi alla coca, tagliata da schifo e con enormi sostanze additive, la sostanza circola, come no, ma ha dei prezzi che superano l’impensabile per una persona che non dispone di economie proprie o familiari. Dunque resta la sua presenza ma la circolazione è ridotta. Resta sempre il fatto che per chi viene dai mondi della tossicodipendenza la coca, specie con le bassissime percentuali di sostanza pura, viene iniettata in quantità: e se la quantità non viene garantita, la coca non è un buon commercio perchè chi è consumatore non spende patrimoni per restare con un effetto che è infinitamente più ridotto, a un prezzo enormemente maggiore di quel che si trova fuori che si trova. E la lista finisce nella roba, l’eroina, che è una merce fluttuante perchè attraversa una quota di popolazione sempre meno numerosa. Perlopiù inalata, continua ad essere una sostanza d’eccezione, perchè, come la coca, con le qualità ridottissime e i costi altissimi, non è certamente una sostanza che può essere consumata con la frequenza che richiede.
Ritorniamo allora a bomba: anche davanti alla versione ufficiale, che Yuri è morto per inalazione di gas, qualcuno (non lo chiedete al Garante perché non lo sa) dovrebbe spiegare com’è che le bombolette continuano a girare. Com’è che per scaldarsi il caffè o il mangiare la direzione del carcere non abbia ancora previsto (come avviene altrove), dei microonde o delle piastre elettriche? Chi sono i più interessati allo sballo di gas? I detenuti poveri che non hanno altre risorse? I secondini che con il giro di bombolette sanno che chi inala si addormenta di schianto “senza rompere i coglioni” al loro turno di guardia? O la direzione del carcere, che tutto sommato per ridurre un problema di spaccio, ne consente uno che è garantito dalla legge, a basso costo, di bassa qualità e di “ridotti” rischi? Sono vere le tre versioni, ma a morire sono sempre i soliti…
Il miglior garante dei detenuti è il detenuto che conosce e comprende le sue condizioni di detenzione. Qualcosa che in tempi di crisi, con un paio di bombolette al giorno, si neutralizza con costi ridotti di personale.
Ogni morto di carcere è sempre un omicidio di Stato.

per Senza Soste, Jacob

10 gennaio 2011

Verona – Tre anarchici denunciati per danneggiamento aggravato

fonte: ansa

(ANSA) – VERONA, 8 GEN – Stavano imbrattando i muri, a Verona, con scritte a sfondo politico ma scoperti sono stati bloccati e denunciati all’autorita’ giudiziaria dalla polizia.

Protagoniste della vicenda tre persone, due uomini ed una donna, esponenti di movimenti anarchici bloccati con il materiale usato per imbrattare i muri. I tre, che erano privi di documenti, sono stati portati in Questura per il riconoscimento e quindi subito rilasciati. L’ipotesi di reato della denuncia e’ ”danneggiamento aggravato”.

FI-MERCOLEDI’ 22 CORTEO STUDENTESCO

Da Indy Toscana:

LA NOSTRA RABBIA NON SI FERMA

Dopo l’esplosione di rabbia dei senza futuro di piazza del Popolo il governo si prepara all’ennesima offensiva reazionaria tesa a difendere i privilegi dei ricchi e ristabilire l’ordine, il Loro ordine, nelle piazze, nei posti di lavoro e nei quartieri
I mazzieri di ieri (Alemanno, La Russa e camerati vari) oggi si atteggiano a difensori della cricca al potere (a cui partecipano arraffando e distribuendo) ed insieme ai nuovi berluscones fanno a gara a chi disegna lo scenario repressivo più apocalittico blaterando di arresti preventivi, Daspo come allo stadio, costituzione di squadracce antiguerriglia e gestione delle piazze alla tedesca.

Fondamentalmente, niente che abbia neppure il minimo fondamento giuridico in democrazia.

Alla manifestazione c’erano più di 100.000 persone e, per quanto politici e sedicenti intellettuali (la lettera di Saviano è esemplificativa)abbiano condannato fermamente gli scontri di Roma riducendoli all’azione di provocatori, infiltrati e teppisti, noi sappiamo che la realtà è molto diversa.
Eravamo in quella piazza. Eravamo dietro quegli scudi. Eravamo con il casco in testa a pretendere un futuro che ci stanno togliendo giorno dopo giorno

La verità è che hanno paura, una paura fottuta…

Per questo si arroccano, fanno quadrato, si guardano in faccia impauriti, destri, sinistri, centristi… Immaginano di equiparare la protesta politica e sociale allo sfogo sterile di chi assiste ad una partita e fa casino: non sapendo più a cosa appigliarsi…
sanno solo vietare, punire, manganellare,incarcerare, inquisire…

Nel passato hanno dovuto uccidere e fare stragi per fermare i movimenti… Ora ci riprovano alzando piano piano il tiro…
Ma hanno fatto i conti senza l’oste: gli studenti NON si fermeranno!

Cosi come auspichiamo che non lo facciano le popolazioni, vittime innocenti di devastazioni ambientali e speculazioni sulla loro pelle, i lavoratori ostaggio degli interessi di confindustria e dei diktat padronali, le masse precarie.

Gli studenti non si fermeranno perchè perfettamente consapevoli della posta in gioco: il futuro di una generazione che vede all’orizzonte nessun potere contrattuale nelle università come nei posti di lavoro.
Le prime privatizzate e riformate nei loro apparati decisionali (cda in mano a privati ed ai soli professori ordinari, i baroni) e i secondi in balia della chirurgica destrutturazione dello statuto dei lavoratori (fatta di limitazione al diritto di sciopero, di piani Marchionne e di collegati lavoro).

Tutti i governi europei, chiamati a gestire una crisi creata in ambiti del tutto estranei alle dinamiche di studenti e lavoratori, stanno affamando le popolazioni, tagliando posti di lavoro, creando disoccupazione e fine dei diritti collettivi, questo lo sappiamo benissimo.
Tutto ciò dimostrandosi ciechi, sordi e muti davanti alle oceaniche proteste di tutti i settori a cui si sta cercando di far pagare la crisi.

In questo contesto è lecito constatare come le democrazie occidentali abbiano gettato la maschera di difensori di diritti sociali e del lavoro, rivelandosi per ciò che veramente sono: regimi funzionali al mantenimento del sistema capitalista, dei privilegi dei ricchi, a scapito delle masse e pronti a tutto pur di non disattendere le ambizioni dei padroni.

In questo contesto è lecito rivendicare l’esplosione di rabbia del 14/12 ed è fondamentale mantenere la protesta viva e partecipata, se possibile più di prima.

In questo contesto non faremo più sconti ai nostri nemici: siano essi governi reazionari, siano essi amici di Saviano, è lecito ribadire che pretendiamo potere decisionale, anche di fronte a governi terroristi e nemici delle contestazioni di massa.

LA LOTTA CONTINUA

MERCOLEDI’ 22/12 – CORTEO PIAZZA SAN MARCO ORE 16e30

Rovereto e Trento – Perquisite le abitazioni di diversi compagni/e

riceviamo e diffondiamo:

Questa mattina all’alba (2 dicembre), i carabinieri hanno perquisito una quindicina di abitazioni tra Rovereto e Trento (più una a Treviso). I militi, eseguendo un mandato emesso dalla procura di Trento e riferito a diciotto tra compagni e compagne, cercavano materiali (indumenti, vernice, volantini) collegati all’incursione con fumogeni e vernice durante la conferenza a Sociologia, il 28 ottobre scorso, di un professore di diritto e due ufficiali dei carabinieri sulle “missioni di pace” del governo italiano all’estero. Almeno un centinaio i carabinieri mobilitati per le perquisizioni.
Che dire? Quello che abbiamo già detto. Contro i professionisti della guerra e i loro reggicoda accademici un po’ di vernice è il minimo.

anarchici 

[LIVORNO] bloccata l’aurelia e occupato provveditorato

Da Indy Toscana:

comunicato stampa sul corteo di stamani a Livorno

Questa mattina circa 1000 studenti delle varie scuole di Livorno sono scesi in piazza per il corteo organizzato dal Coordinamento Studentesco Livornese.
Mentre il movimento studentesco in tutto il paese sta dando una grande prova di forza per ottenere il blocco del DDL Gelmini per l’università, attualmente in discussione al senato, anche nella nostra città, ancora una volta gli studenti sono scesi in piazza decisi e uniti per lottare contro la politica del governo.
Il corteo ha attraversato il centro della città, e uno striscione è stato appeso sulle scalinate del comune, anche in segno di protesta nei confronti del sindaco e delle forze di polizia che avevano impedito la sua esposizione qualche settimana fa durante un corteo studentesco notturno.
La manifestazione è proseguita raggiungendo l’incrocio tra viale carducci ed il tratto urbano dell’aurelia.
Nonostante il corteo fosse pacifico ed autorizzato, all’incrocio erano schierati provocatoriamente decine di agenti antisommossa della polizia e dei carabinieri.
Uno spiegamento di forze che ha spaventato anche molti passanti, che hanno solidarizzato con il corteo, fermandosi ad ascoltare gli interventi che si susseguivano al megafono.
Gli studenti, dopo aver bloccato a lungo l’incrocio, si sono spostati sotto le finestre della redazione del Tirreno, principale quotidiano locale, per denunciare pubblicamente l’ennesimo episodio repressivo e provocatorio da parte delle forze dell’ordine.
Da mesi anche a Livorno si fa sentire la stretta autoritaria del governo nei confronti di chi lotta, in particolare con la criminalizzazione del movimento studentesco.
Denunce, condanne, identificazioni, provocazioni, militarizzazione della città, questa è la risposta del governo a chi protesta.
Un Governo che va avanti a testa bassa con Confindustria contro i lavoratori e gli studenti per una scuola ed un’università sempre più classiste ed autoritarie.
La polizia oggi era in piazza per caricare gli studenti, come oggi è successo a Firenze e come ieri è successo a Roma, dove erano stati fermati anche due studenti e feriti decine di giovani.
Il corteo ha saputo respingere ogni provocazione della Questura, allontanandosi dal Tirreno per raggiungere la sede del Provveditorato (USP) in Piazza Vigo. Là un centinaio di studenti hanno occupato per circa mezz’ora il piano terra dell’Ufficio Scolastico Provinciale.
Il corteo si è concluso con l’affissione di uno striscione sulla facciata del Provveditorato.
Riteniamo fondamentale, oltre che rilanciare la protesta per i prossimi giorni a Pisa al fianco degli universitari, richiamare l’attenzione pubblica sul clima di intimidazione e criminalizzazione alimentato anche a Livorno, come in tutta Italia, dalle questure e dal governo.
Un clima che il governo sta esasperando, mettendo in serio pericolo la libertà di espressione e manifestazione.

LA NOSTRA LOTTA NON SARA’ MAI DOMATA!

Coordinamento Studentesco Livornese
Collettivo Studentesco Universitario Livornese

25/11/10

Scontri e blocchi all’Università di Firenze contro i fascisti del PDL

Da Indy Toscana:

Scontri e blocchi stradali a Firenze, gli studenti e i lavoratori dell’università protestano contro De Corato e la Santanché invitati dai giovani del PDL

Bella giornata stamattina a Firenze, polo universitario di Novoli

Alle 10 centinaia di studenti, a tratti un migliaio hanno prima occupato l’aula in cui si sarebbe dovuto tenere un provocatorio convegno sull’immigrazione con la partecipazione del vice sindaco di Milani De Corato e della maitresse della Destra Daniela Santanché.
Poi sotto pesante scorta della polizia politica e dei reparti antisommossa il convegno è stato spostato in un altro edificio e i relatori fatti passare dai sotterranei dell’università bunker di Novoli. Davanti alla nuova sede ci sono stati scontri tra gli studenti che volevano entrare per fermare i relatori e la polizia. Sono state rette ben due cariche che hanno lasciato qualche ferito e si è risposto con lancio di uova e fumogeni, colpiti celerini e un digos pare abbia fatto ricorso a cure mediche.

Poi un corteo spontaneo ha bloccato con barricate di cassonetti e transenne ad interminttenza i due viali che conducono all’aeroporto ed alla autostrada fino alle 13.

foto:
http://www.rainews24.rai.it/it/foto-gallery.php?gallery…47726

Nel pomeriggio sono annunciate occupazioni di varie facoltà.

Crepino i baroni e tutti i papponi!
Università libera e popolare!

Lettera di Costa dal cercere di Thun

da silviabillycostaliberi.tk

Care compagne e cari compagni,
da giovedì 21 Ottobre mi trovo qui nel carcere preventivo di Thun nel cantone di Berna. Il trasferimento dalla prigione di Berna è stato molto rapido e senza preavviso, appena il tempo di preparare velocemente le mie cose, consegnarle alla guardia e dare qualche saluto in giro per la sezione.
Fin dal mio arrivo ho percepito una certa rigidità da parte del personale di sicurezza, ho immaginato che fosse un po’ “ l’approccio da ingresso”, considerando anche le difficoltà di comunicazione per via della lingua; successivamente altri comportamenti hanno evidenziato che molto probabilmente ci sono anche le ragioni del mio frettoloso trasferimento da tenere di conto, motivazioni che nessuno mi ha detto.
All’arrivo delle mie cose da Berna sono iniziate le sorprese, mi è stato detto di scegliere solo tre libri e tre buste dalla corrispondenza, il resto sarebbe andato tutto in magazzino. Avendo tutta la corrispondenza legale mischiata, lettere ancora non risposte, alcuni libri non letti ma soprattutto conoscendo i magazzini dei carceri mi sono opposto.  Sembrava di parlare con i pompieri di Farenheit 415, una vera fobia per la carta: troppi libri..,troppe lettere..,troppi giornali, troppi stampati; forse troppa solidarietà (?). Tra le perle che ho potuto capire, tra il mio inesistente tedesco e scarso francese è stata la definizione di biblioteca per i miei appena venti libri. Alla fine ho proposto ed è stato accettato, di dare indietro al colloquio del giorno dopo tutta la posta risposta oltre ai libri e giornali giá letti; cosa che del resto giá facevo a Berna per i libri.
Il giorno dopo parlare con il responsabile della sicurezza ha sbollito un po’ la situazione, per lo meno non si è parlato piú di quei numeri assurdi.
Cambiando carcere, la mia grande preoccupazione era anche le modalità con cui facevo il colloquio a Berna cambiassero; infatti in risposta alle mie “istanze interne”, la direzione mi aveva fatto sapere che le visite sarebbero state solo di un’ora e a vetro alto.
All’ultimo momento prima del colloquio di lunedì ho saputo che la Procura Federale ha ripristinato la precedente autorizzazione valida nel carcere di Berna: niente vetro divisorio, due ore di colloquio (considerato che i familiari vengono dall’Italia) con la presenza di un funzionario di polizia come uditore.
Di solito quando si cambia un carcere, si trova qualche aspetto migliore e qualcuno peggiore: questo dipende dalla struttura ma soprattutto dal regolamento che ogni direzione tende sempre a personalizzare.
Devo dire che migliorare la situazione dal carcere di Berna non è stato difficile, essendo una struttura con una chiusura ermetica allucinante. Qui una grossa finestra a tre metri e mezzo di altezza che si puó aprire elettronicamente, permette l’entrata di aria dall’ esterno. La finestra bassa resta invece sigillata, con una copertura a poca distanza all’esterno che impedisce ogni visuale. Con l’alimentazione è andata bene, per il semplice fatto che ho potuto parlare con il responsabile della cucina, per altro molto disponibile; in dieci minuti è stato possibile tirar su un buon vitto vegan con importanti cambiamenti da prima, per lo stesso risultato a Berna ci avevo messo tre mesi con non poche discussioni e risultati non sempre definitivi e positivi. Per il resto la situazione è meglio che a Berna, il passeggio in comune per una ventina di detenuti è minuscolo con grata e rete fitta come tetto ed è quasi completamente privo di coperture in caso di pioggia.
Una guardia si è raccomandata per le restanti 23 ore di chiusura totale: “suonare solo per i farmaci” ; come ogni carcere anche questo non si smentisce, gli psicofarmaci sono l’aspetto piú diffuso elargito abbondantemente. Che mistificazione definirli medicamenti, del resto di queste menzogne o riscritture della realtà il carcere ne è pieno: gli psicofarmaci fanno parte della dimensione carcere, lavorano lentamente ma tenacemente alla dissoluzione dell’individuo.
Come a Berna anche qui c’è la possibilità di lavorare, la stessa attività alienante: assemblare le confezioni che serviranno ad ospitare gli Swatch per conto della celebre multinazionale Svizzera dell’ orologeria. La paga è tipo a “cottimo” in base a quanto si “produce”, in questo caso parecchie ore di lavoro giornaliero equivalgono a poco piú che il “valore” di una confezione di caffè . Infatti la maggior parte dei detenuti “non lavora per i pochi franchi ma piú che altro come passatempo”; non credo invece che la multinazionale Swatch abbia una cosí bassa considerazione di questo lavoro.
Le carceri rappresentano per molte multinazionali delle specie di isole di Sud del mondo inserite nel ricco e progredito Nord . Se infatti il Sud del mondo è da sempre per loro terra di saccheggio e sfruttamento lo è anche qualsiasi luogo dove sono presenti esclusi e sfruttati.
Sarà un caso che chi finisce dietro le mura di queste carceri sono sempre piú spesso proprio chi cerca di sfuggire a situazioni insostenibili nel proprio paese? Sfruttati invisibili nelle luccicanti metropoli occidentali finchè è possibile, dopo, magari rinchiusi: per un permesso di soggiorno scaduto o per il capriccio del politico di turno, ancora una volta peró lo sfruttamento non è finito.
Da una cartolina del Soccorso Rosso Internazionale di Zurigo vengo a sapere anche del trasferimento di Marco in un cantone piuttosto lontano. Ancora non so nulla di Silvia e Billy ma è chiaro che è in corso una dispersione in seguito alle iniziative di sciopero nostre nelle varie carceri e alle iniziative solidali messe in piedi qui in Svizzera e in Italia.
La censura non mi permette di avere moltissime informazioni su quello che si muove in giro, ma da questa agitazione in seno alla repressione sembra che le iniziative non passino inosservate.
Aldilà di questo, simili forme di rappresaglia non fermano nulla della forte solidarietà biodiversa diffusa in tante lotte e soprattutto non scoraggia sicuramente tutte quelle che verranno.
Un forte abbraccio a tutte/i

Carcere di Thun, 26 ottobre
Costantino Ragusa

[Firenze] Senza frontiere

una lotta comune

discussione con un anarchico di Bruxelles
Mercoledì 17 novembre alle 18
presso il Trivio dei Tumultuosi
in Borgo Allegri 10r
a Firenze

Dietro l’immagine patinata della società del benessere rantola un intero mondo ormai in decomposizione. Il sorriso ipocrita della pace sociale, che ha garantito decenni di sordida convivenza, si sta tramutando nel ghigno della guerra civile. Le crepe che si cominciano a notare qui in Italia, sono da tempo visibili altrove. In Belgio, ad esempio.
A Bruxelles, sede del Parlamento europeo, le notti nei quartieri sono spesso ravvivate dal fuoco della sommossa. Nella città che ospita il quartier generale della NATO, chi indossa un’uniforme fa quotidianamente da bersaglio ad una disperazione bellicosa. Davanti ai riflettori dei media i signori della Politica e della Guerra hanno un bel pretendere di controllare l’intero pianeta, quando in realtà non governano nemmeno in casa loro.

La rabbia senza sogni, quando non coglie la causa del proprio malessere, produce solo rancore. Così si alimenta quella guerra fra poveri che non verrà arginata da nessun sentimentalismo umanitario, da nessuna politica antirazzista. Ma che può essere contrastata da una lotta contro i veri responsabili della miseria umana, i padroni (i politici e i ricchi) e tutti i loro tirapiedi, che ci costringono tutti
a un’esistenza da trascinare fra desideri avvizziti e bisogni indotti, fra devastazioni ambientali e massacri emozionali.

L’ostilità nei confronti di ogni autorità, animata dalla passione per una piena libertà, può avere innumerevoli occasioni da cogliere.

In Belgio, come in Italia, il governo sta costruendo nuovi centri di reclusione per immigrati clandestini. Contro uno di questi lager, quello di Steenokkerzeel, alle porte di Bruxelles, si è avviata da mesi una lotta che non conosce deleghe, non raccoglie firme, non stringe alleanze strategiche. Una lotta che non dà assistenza alle vittime del razzismo, ma riconosce i carnefici, risale ai loro collaboratori, ne pubblicizza i nomi e le responsabilità e li va a cercare per turbarne il sonno e gli affari. Un piccolo fiammifero che non intende scaldare qualche cuore, ma che va in cerca della polveriera.

 

Sequestrato server di autistici in Norvegia per indagine polizia italiana

da autistici.org – 5 novembre 2010

Oggi pomeriggio la polizia norvegese ha sequestrato per alcune ore il server che tenevamo in Norvegia e ha copiato tutti i dischi per una rogatoria internazionale proveniente dall’Italia. Molto probabilmente l’indagine riguarderà un singolo utente/sito/lista, ma questo non toglie che l’intero contenuto della macchina è stato copiato e che quindi, anche se in forma crittata, ora le vostre password non sono più in mani sicure. Per questo invitiamo caldamente tutti gli utenti di A/I (e non solo quelli che avevano la mailbox sul server norvegese) a cambiare la password della casella di posta e dell’FTP e a farlo fare a tutti quelli che sapete avere una mailbox e/o un sito con A/I.

Per cautela, abbiamo spostato su un’altra macchina tutte le caselle di posta che si trovavano sul server sequestrato: se non avevate scaricato la posta sul vostro computer e la vostra mailbox si trovava su Contumacia, ora la troverete vuota. Nei prossimi due o tre giorni recupereremo tutto il contenuto della vostra posta, ma speriamo che questo incidente serva a ricordarvi con più forza del solito che non è una buona idea lasciare i vostri archivi su un server che non potete controllare: anche se sui nostri server la posta è crittata, infatti, violare un codice di crittazione non è un’impresa da fantascienza.