I buoni di Natale

Da Finimondo:

Dicembre è un mese birichino. Comincia come tutti gli altri ma poi, inutile nasconderlo, assume un’aria frizzantina tutta particolare. È il mese delle festività, dei doni, il mese di Natale e dell’ultimo dell’anno. Il mese in cui tutti sono un po’ più buoni. Dai, siamo a Natale. È nato Gesù il caritatevole, ricordate? Massì, nella stalla proletaria, il figlio di Dio-padrone riscaldato dal bue-popolo e dall’asino-ignoranza… Non sentite anche voi l’irresistibile bisogno d’essere più buoni? Chissà che non sia anche per questo che lo scorso 17 dicembre il Tribunale di Torino ha respinto l’aggravante di «terrorismo» nel condannare i quattro compagni sabotatori No Tav. Perché siamo a Natale, e bisogna essere più buoni.

Ecco perché quando alcuni giorni dopo si sono verificati alcuni sabotaggi contro il Tav, a Firenze e a Bologna, perfino il premier Babbeo Renzi ha parlato di sabotaggio. Non ha parlato di terrorismo, esasperando gli animi, no no, lo ha detto chiaro e tondo: è sabotaggio. Ma perché lui è stato anche lupetto, e siamo a Natale, e bisogna essere più buoni. Del resto, fosse stato davvero terrorismo, i treni sarebbero saltati in aria come accadde in quel brutto Natale di trent’anni fa. Che poi, qualcuno la butta lì, questi sabotaggi saranno autocostruiti e autoprodotti dal basso oppure costruiti e prodotti dall’alto? Boh, chissà se ce lo dirà la Befana.

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A stormo!

Il Tav è ovunque, purtroppo. La Valsusa no, per fortuna. Chi vuole opporsi al Tav lo può fare dappertutto; non occorre che vada in Piemonte. Non è necessario che parta e torni insieme a sindaci, non è necessario che condivida polenta con parlamentari, non è necessario che applauda magistrati. Non è necessario che diventi politiglotta per comunicare con animali politici vari all’interno dello zoo assembleare. Lo può fare da solo, o con chi vuole. Con chi ama e stima, non con chi tollera e sopporta. Dove e quando vuole, non nei luoghi e nelle scadenze segnate sull’agenda militante. Basta un po’ di immaginazione e di determinazione.

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Sputa (sulle) sentenze

Da Finimondo:

Lo scorso 17 dicembre il Tribunale di Torino ha condannato in primo grado a 3 anni e 6 mesi di reclusione i quattro sabotatori NoTav rei di aver partecipato, nella notte fra il 13 e il 14 maggio 2013, ad un assalto al cantiere di Chiomonte conclusosi con l’incendio di alcuni macchinari. Se il verdetto di condanna era scontato, dato che nel corso delle udienze i quattro compagni avevano apertamente rivendicato la loro responsabilità nei fatti, lo era assai di meno la sua entità. Il tribunale si sarebbe “limitato” a condannare il «danneggiamento aggravato, la violenza a pubblico ufficiale ed il porto d’arma da guerra» o avrebbe accolto anche l’aggravante di «terrorismo»? Ebbene, per questi giudici di Torino sabotare l’Alta Velocità – per lo meno in questo contesto – è sì un atto illegale da punire, ma non un atto di terrorismo. Continua a leggere

Firenze: Dispari

Alla fine dello scorso millennio non era arduo imbattersi sulla stampa di movimento in una massima di un discusso filosofo tedesco, ripresa senza imbarazzo, anzi, quasi con orgoglio: «Piuttosto essere debitori che pagare con una moneta che non porti la nostra effige». Oggi, una moneta simile verrebbe aborrita in quanto atto di presunzione da tutti coloro che non esitano a prostituirsi, umilmente, pur di arricchirsi accumulando monete che riportano l’effige altrui.

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Blanqui a Venaus

Pubblichiamo questi pensieri del sito finimondo, che condividiamo in toto:

«La politica è l’arte del recupero. Il modo più efficace per scoraggiare ogni ribellione, ogni desiderio di cambiamento reale, è presentare un uomo di Stato come sovversivo, oppure – meglio ancora – trasformare un sovversivo in un uomo di Stato. Non tutti gli uomini di Stato sono pagati dal governo. Ci sono funzionari che non si trovano in parlamento e nemmeno nelle stanze adiacenti; anzi, frequentano i centri sociali e conoscono discretamente le principali tesi rivoluzionarie. Discettano sulle potenzialità liberatorie della tecnologia, teorizzano di sfere pubbliche non statali e di oltrepassamento del soggetto. La realtà – lo sanno bene – è sempre più complessa di qualsiasi azione»
Dieci pugnalate alla politica, 1996
C’è una voce che circola da qualche tempo fra alcuni anarchici in Europa relativa all’ultima fatica editoriale del Comitato Invisibile, autore nel 2007 del best-seller internazionale L’insurrezione che viene. Si vocifera che gli aderenti al Comitato abbiano condiviso la bozza del testo con i loro amici politici sparsi qua e là per il mondo, per saggiarne le reazioni e ricavarne utili consigli. Orbene, nella prima stesura c’era un duro attacco contro gli anarchici, rei di non essersi prostrati adeguatamente al loro cospetto (e di aver sghignazzato davanti alla farsa di Tarnac, dove i presunti autori del libro, al bussar della polizia si erano precipitati nelle braccia protettrici di quella sinistra a cui fino alla vigilia dichiaravano guerra). Ma alcuni dei loro amici corrispondenti – dal nostro Belpaese, si sussurra – avrebbero suggerito loro di eliminare le parti troppo virulente, di ammorbidire i toni, perché in fondo, a ben pensarci, sono ancora tanti i servigi che i babbei libertari possono offrire. Un suggerimento che alla fine sarebbe stato accolto. La provenienza di questa voce è di un anarchico birichino che pare abbia avuto modo di leggere la bozza originale del testo, nonché la relativa corrispondenza. Sono i rischi della Comune e della condivisione degli strumenti, non si sa mai chi può buttare l’occhio in un computer lasciato acceso e incustodito!

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Pensiero e dinamite

Ci sono questioni che è meglio porsi di continuo. Sono questioni che danno un orientamento alla tua vita e alla tua lotta; questioni che potrebbero aiutare ad uscire dai vicoli ciechi e a schiudere nuovi orizzonti. Una di tali questioni potrebbe sembrare particolarmente banale agli occhi di alcuni, ma di fatto non lo è per nulla. «Perché siamo anarchici?». Certamente non perché sia di moda, né perché ci permetta di guadagnare molto denaro. Nemmeno perché ci prometta una vita facile, o perché concili il sonno. Siamo anarchici perché abbiamo compreso che qualsiasi oppressione, in ogni epoca ed in ogni circostanza, proviene dall’esistenza dell’autorità. Abbiamo identificato nell’autorità il nostro nemico. Ecco il cuore della lotta anarchica.

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Sabotaggio, bene comune?

Da Finimondo:

Viene considerata sabotaggio una «azione di disturbo o di danneggiamento intesa a ostacolare il normale svolgimento di un lavoro produttivo, il regolare funzionamento dei servizi bellici del nemico, l’efficienza e la sicurezza dei servizi e dei trasporti pubblici». Ridotto alla sua essenza, il sabotaggio è quindi una pratica di lotta, uno strumento che è possibile mettere al servizio di qualsiasi fine. Continua a leggere

È nata una nuova ideologia

da finomondo:

Un cadavere si aggira per il mondo. Il cadavere dell’ideologia. Laddove la teoria è l’insieme organico delle idee possedute da un individuo, per ideologia si può intendere l’insieme di idee che possiedono un individuo. E le idee che costituiscono una ideologia sono come le macchine; ogni anno ne viene immesso sul mercato un nuovo modello che sostituisce quello precedente, sebbene siano assolutamente identici nella loro funzione alienante.

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SE COINCIDENZE…

C’è da dare i numeri. Tre giorni fa, martedì, l’apparato giudiziario dello Stato si è mosso a Torino, bussando alle porte di sovversivi vari, sia anarchici che comunisti (ammesso che questa distinzione abbia ancora un senso). L’inchiesta, che prende di mira le lotte contro gli sfratti, ha portato a 29 misure cautelari e vede oltre cento inquisiti. 

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