Torino: 3 arresti per blitz anarchici in ufficio protesti AGGIORNATO

Lunedì mattina, in risposta alla paratica degli sfratti a sorpresa, alcune famiglie e compagni solidali decidono di occupare l’ufficio delle pubbliche relazioni degli ufficiali giudiziari. Alla fine della giornata di lotta, tre compagne vengono tratte in arresto; una di loro è Claudia, una sfrattata di origine brasiliana, le altre sono Simona e Marianna. Simona è stata sicuramente pestata, con segni evidenti, delle altre due non abbiamo informazioni certe. Come sempre accade quando lasciano troppi segni, le accuse messe in campo contro le compagne sono di resistenza e lesioni.
Mercoledì mattina si terrà l’udienza di convalida degli arresti a porte chiuse.

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(LI) 28/02 ASSEMBLEA PUBBLICA IN SOLIDARIETA’ CON GLI INDAGATI DEL 2 DICEMBRE

ASSEMBLEA PUBBLICA IN SOLIDARIETA’ CON GLI INDAGATI DEL 2 DICEMBRE
Giovedì 28 Febbraio, ore 21
Circoscrizione 4, Piazza Damiano Chiesa
In data 17 febbraio si è svolta una importante assemblea presso l’ex Caserma Occupata alla quale hanno partecipato molte realtà solidali e singole persone interessate dai provvedimenti di indagine relativi ai fatti del 30 novembre , 1 e 2 dicembre.
In quella occasione sono stati ribaditi alcuni aspetti importanti che vorremmo rendere pubblici affinché tutta la cittadinanza abbia una visione più chiara di quale sia l’attacco che alcune realtà politiche e autogestite stanno attualmente subendo.
La pubblica accusa, affidata ai PM Marrara e Masini, nella sua richiesta di misure cautelari per 14 militanti ha costruito un teorema accusatorio molto preciso. Continua a leggere

Comunicato NO TAV riguardo il processo del 27 Febbraio

PRECISAZIONI E SOLIDARIETA’

Mercoledì 27 febbraio si terrà a Trento il processo contro gli anarchici trentini accusati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo.
Nessuna prova sui fatti specifici contestati, ma generiche accuse di aver compiuto azioni illegali e di aver organizzato e animato le lotte sociali contro il progetto TAV e la base di Mattarello.
Ingenti risorse economiche investite e anni di indagine con pedinamenti e intercettazioni, coordinati dalla procura di Trento, per un inchiesta che da subito si è rivelata debole.
Tra le accuse più assurde che vengono mosse agli attivisti trentini vi è quella di aver organizzato e diretto gli scontri avvenuti il 3 luglio 2011 in val di Susa tra migliaia di attivisti NO TAV e le forze di polizia durante l’assedio al cantiere della Maddalena di Chiomonte.
In merito, il Movimento NO TAV al fine di consegnare alla storia quella che è stata la realtà dei fatti ci tiene a precisare quanto segue: Continua a leggere

Val Susa: Scontri e due compagni sequestrati dallo stato (aggiornato)

Stanotte in valle c’è stato un nuovo assalto alle recinzioni, due compagni sono in stato di fermo che verosimilmente verrà trasformato in arresto. Aggiornamenti a breve.

di seguito il comunicato del comitato di lotta popolare di Bussoleno:

editoriale, post — 9 febbraio 2013 at 12:28

IL MOVIMENTO NON SI ARRESTA – SOLIDARIETA’ A CRISTIAN ED EMANUELE

Il movimento non si arresta e, nella sua totalità, si assume la responsabilità dell’azione avvenuta nella serata di venerdì 8 febbraio scorso presso il cantiere Clarea. Un’azione che non è la prima e non sarà di certo l’ultima; una resistenza che continuerà finché rimarranno in piedi muri, reti e cantieri.
Per imporre una grande mala opera sempre più insostenibile, loro si preparano ad accrescere tecnologie di guerra e repressione ai danni della popolazione, delle finanze pubbliche e dei diritti reali.
Noi non ci faremo certo intimidire e, con la forza e la lucidità che ci vengono dalla consapevolezza di essere nel giusto, continueremo la lotta per la liberazione del territorio, delle nostre vite e del futuro di tutti.

Cristian ed Emanuele, nostri compagni valsusini, sono tutti noi. Denunciamo il loro fermo come l’ennesima vile intimidazione nei confronti della valle e del movimento NoTav, e ne pretendiamo l’immediata liberazione.

LIBERI TUTTI! LIBERI SUBITO! ORA E SEMPRE NOTAV!

Comitato di lotta popolare Bussoleno

Alessandria: Comunicato sullo sciopero di Alfredo e Sergio

Apprendiamo che a partire da martedì  29 gennaio i compagni Alfredo Cospito e Sergio M. Stefani, prigionieri nella sezione AS2 del carcere di Alessandria, hanno iniziato uno sciopero della fame teso all’ ottenimento dei colloqui con le rispettive compagne. Ricordiamo che Alfredo non è mai stato autorizzato , dal momento del suo arresto il 14 settembre , ai colloqui con la propria compagna in quanto indagati nel medesimo procedimento . Sergio era autorizzato ai colloqui con la sua compagna, ma essendo anche lei detenuta a seguito della medesima indagine, non l’ha potuta rivedere fino alla sua scarcerazione in data 21 dicembre. In seguito è riuscito ad effettuare tre colloqui prima che l’indagine passasse dalla procura di Perugia a quella di Milano, che ha deciso di negare i colloqui. Quello che segue è un breve messaggio con cui hanno voluto rendere pubblico il loro gesto.

 “Il mondo mercantile, la società tecno-industriale, la civilizzazione stessa poggiano le loro fondamenta, non sugli individui per propria natura differenti ed imprevedibili, ma sulla massa omogeneizzata dall’educazione, dalla morale e dalla legge. In questo mondo ogni rapporto sincero e profondo diventa sospetto, i legami di affinità sinonimo di sodalizio “criminale”, la solidarietà ridotta a mera esecuzione di un comando. Ma noi rifiutiamo di ridurre al realismo i nostri desideri e di addomesticare le nostre passioni. Viviamo la nostra vita senza mediazione, senza accontentarci e questo ha disegnato sui nostri volti il sorriso di gioia che mai ci abbandona. Per questo non possiamo accettare che nessuno tenti di recidere i nostri legami ed intraprendiamo questo sciopero della fame pregustando la dolcezza dell’abbraccio delle nostre compagne”

Clochard, Potere, margini…qualche riflessione

baratroBruciano i “barboni”, bruciano…e immancabilmente scende in campo la lacrimevole ipocrisia borghese che li dipinge come poveri cristi persi in una marginalità indirettamente presentata come stato di natura. Nessuno, nessuno che, dai vomitevoli schermi tv, si sogni di affrontare anche di sfuggita le cause reali, fuori da ogni mitologia pietista, che creano uno stato di cose che di naturale ha poco o nulla…

Non si risolvono i problemi con il pietismo televisivo, né con la carità dei programmi di recupero, ma è necessario mettere in discussione e attaccare direttamente quelli che sono i gangli vitali delle strutture di dominio e sfruttamento.

Non è la “natura” che crea il margine, ma il potere che per costituzione non è che potere escludente, creatore di margini appunto, di confini, che non delimitano come si potrebbe erroneamente pensare i limiti dell’autorità, bensì il baratro, ogni volta rimodulabile secondo le contingenze del potere, oltre il quale il “cittadino” si trasforma in diseredato, clochard per i politicamente corretti, barbone per i più spicci. Quel baratro che serve da memento mori da scagliare in faccia alle persone ogni qual volta il fermento sociale spinge verso la trasformazione della rivendicazione da mera manifestazione simbolica di dissenso a reale possibilità di rivolta contro lo sfruttamento costituito (autorità, dicono alcuni). Ovvia tutta l’importanza che l’accento mediatico, l’enfatizzazione televisiva hanno nella poiesi della paura come “freno” sociale.

L’ostentazione del margine, in questo senso, diventa necessario strumento della conservazione dello status quo; la ripetizione ossessiva del mantra della povertà, dell’aumento delle percentuali d’impoverimento lungi dal voler porre la questione  nella sostanza, servono altresì come minaccia incombente sul capo dei singoli individui, come una sorta di metodo mafioso di deterrenza alla rivendicazione fattiva delle proprie esistenze in luogo di un’aquiescente rassegnazione del proprio ruolo di strumento della produzione.

La paura di passare dal ruolo di spettatore dello show della marginalità ad attore della propria tragedia (a sua volta spettacolo per altri) è un deterrente (non l’unico, ma di questo ora stiamo trattando) molto efficace nei confronti della possibilità di una reale e decisa presa di possesso della propria esistenza. La “pace sociale” dev’essere tutelata non in funzione del “quieto vivere” dei membri della comunità, ma per garantire una più sistematica e scientifica organizzazione dello sfruttamento.

La povertà, il “barbone”, diventano lo spettro, la possibilità nascosta dietro l’angolo della rivendicazione non simbolica. Il Clochard è l’immagine riflessa nello specchio della possibilità.

Il problema della povertà, della marginalizzazione, non possono e non potranno mai essere risolti da una sovrastruttura autoritaria di dominio perché strumento necessario a motivare la propria esistenza ed il proprio ruolo di argine al “chaos sociale”. Il margine è lo spauracchio, l’arma, il babau, è una paura, una delle tante, utilizzate da un potere permeante, capillare, veicolato in mille maniere diverse e subdolo, molto più subdolo ogni giorno che passa, per mantenere il proprio privilegio e ritardare quanto possibile lo scoppio della rabbia sociale.

Ma com’è facilmente intuibile la “marginalizzazione” non è e non può essere la “soluzione finale” contro le possibilità della rivolta. E’ ovvio che le dinamiche stesse dello sfruttamento  -ed è sotto gli occhi di tutti- porteranno nel medio periodo (o prima, chissà…) ad un’esplosione generalizzata di rabbia che non potrà più essere affrontata se non nei canonici metodi di ogni regime (che si dica democratico, dittatoriale o religioso poco importa), ovvero con il ricorso alla repressione militare su larga scala (e nel piccolo universo dell’anarchismo la conosciamo già bene). La “marginalizzazione” ha però un’importanza, il cui peso è ancora da valutare, nel “prendere tempo” e nel dare così la possibilità agli studiosi del controllo sociale e della repressione di mettere a punto gli strumenti più utili, in un futuro più o meno prossimo, per gestire le rivolte che ineluttabilmente scoppieranno.

E’ quindi necessario, se non si vuol piangere dopo su quel che poteva o doveva essere, affrontare IMMEDIATAMENTE la sfida del margine, senza tentennamenti, ed è necessario farlo rifiutando a priori di utilizzare metodi e strutture mutuate dal sistema stesso che si combatte, pena il rischio -ma è qualcosa più di una semplice eventualità- di riproporre con diverso nome ma nella stessa sostanza ciò che si voleva abbattere. Non si tratta di sostituire potere a potere, autorità ad autorità, siano essi seguiti dal suffisso popolare o cose del genere, ma di rifiutare, di distruggere queste categorie nate in seno all’organizzazione dello sfruttamento per creare qualcosa di diverso, che sia divenire e non struttura nata a priori, non teoria che si fa realtà (con tutto quel che di tragico può conseguirne in termini di “guardie rivoluzionarie”, polizie segrete, ecc…) ma realtà e teoria che si intrecciano e contaminano nella creazione di un (in)pensato che si fa presente.

Rifiuto della gerarchia, impegno individuale, orizzontalità dei rapporti, svuotamento di senso del concetto di autorità, dell’idea di capo e di guida, questi sono elementi utili alla creazione di un orizzonte che sia altro rispetto al quotidiano di asservimento nel quale siamo costretti a vivere; chiunque proponga il contrario, chiunque proponga mitici periodi di transizione che ripropongano pizzi e vecchi merletti è o un ingenuo o ducetto in potenza.

L’incentivo all’azione diretta, all’autogestione e all’autorganizzazione ci devono vedere in prima fila; così come il rifiuto del ruolo di “guida” (un’autorità mascherata). La messa in pratica quotidiana delle idee che quindi si confrontano e compenetrano con le contingenze reali e non con quelle immaginate/codificate nei tomi -sorta di bibbie laiche- da fini immaginatori di mondi. Pratica e idea devono essere facce della stessa medaglia, pena il resuscitare di vecchi spettri in nuove salse. La guerra -perché di questo si tratta- è aperta e tutti la stiamo già combattendo, volenti o nolenti. Si tratta quindi di dare il meglio di noi.

mArco.

Lettera di Massimo Passamani a Radio Blackout


carcere2

Alessandria, diciotto giorni di settembre 2012

Cari compagni e compagne,

con questa lettera voglio raccontarvi qualcosa che mi sta a cuore e mettervi a parte di un’intenzione. Quando sono stato portato, il 27 agosto scorso, nella sezione di isolamento del carcere di Tolmezzo ho conosciuto alcuni ragazzi lì rinchiusi. Sono stato accolto in modo non solo solidale, ma anche fraterno. Sia pure per una settimana ( poi sono stato trasferito nella sezione di Alta Sorveglianza qui ad Alessandria) abbiamo condiviso cibo, caffè, sigarette, urla e battiture. Quello di Tolmezzo è un carcere punitivo, dove quotidiani sono gli abusi e i pestaggi.
Al gip, di fronte a cui mi sono avvalso della facoltà di non rispondere, ho denunciato tutto questo.

Tra gli altri ho conosciuto Maurizio Altieri, in carcere ormai da diciotto anni senza aver mai goduto dei giorni di liberazione anticipata per aver sempre lottato a testa alta. Da oltre tre mesi in isolamento per le tante denunce di pestaggi che ha raccolto e fatto uscire, viene di continuo minacciato ( l’ultima volta come ritorsione verso il presidio di solidarietà organizzato lì a Tolmezzo dai compagni: negazione del colloquio telefonico, consiglio di disciplina per lui e gli altri ragazzi). La capacità e la fraterna gentilezza di Maurizio mi sono andate dritte al cuore. Lo stesso vale per i compagni e le compagne con cui Maurizio è in contatto, più forte e deciso di prima. Minacciano, dopo averglielo fatto subire a lungo, di sottoporlo di nuovo al regime di 14 bis (niente tv, blindo sempre chiuso, restrizioni sulla’aria ecc.).

Con questa mia lettera dichiaro anticipatamente – di modo che ognuno si assuma le proprie responsabilità- che se la direttrice del carcere di Tolmezzo dovesse applicargli tale misura vendicativa e vigliacca, comincerò subito uno sciopero della fame. Non ho una grande simpatia per gli scioperi della fame ( per il principio che, se sono gli oppressori a commettere le ingiustizie, non vedo perché dovremmo essere noi a soffrire….), ma altre forme di lotta per il momento voglio riservarle per eventuali questioni che riguardino anche gli altri compagni rinchiusi con me in Alta Sorveglianza.
Questa forma di protesta servirebbe innanzitutto per mantenere vivi il pensiero e la vicinanza con Maurizio. Questa sezione ha lo scopo di isolarci non solo dal resto del mondo e dalle lotte, ma anche dagli altri detenuti e, più in generale, dalla nostra classe. Il mio sforzo vuole andare in direzione ostinata e contraria. Parliamo spesso, nei nostri volantini e nei nostri testi, di gioventù selvaggia, di classe pericolosa, di ribelli sociali quali nostri complici “naturali” nella rivolta e nella riscossa. In fondo il potere, con le sue pretese “associazioni”, attacca preventivamente la nostra disposizione, in una società che è un “formicaio di uomini soli”, a condividere idee, sogni, bisogni, pratiche, vita. Proprio come ha fatto un rapinatore di nome Maurizio con uno sconosciuto quale ero io.
Chiedo a chi condivide sentimenti e visione della vita simili di mobilitarsi affinchè questo 14 bis – carcere nel carcere – non passi. Per essere un po’ più liberi. Per non dimenticare chi ha continuato a lottare, anche in carcere, anche solo.
Approfitto di questa lettera – visto che la precedente mai giunse – per ringraziare tutti per la calorosa solidarietà che rischiara le mie giornate.
Un abbraccio giunga ai compagni detenuti, ai miei fratelli rinchiusi in isolamento a Tolmezzo, alla Valle che resiste e a coloro che si battono per la libertà di tutti, anche a rischio di giocarsi la propria.

Massimo Passamani
Per scrivere a Maurizio: Maurizio altieri – c.c. via paluzza 77 – 33028 Tolmezzo (Udine)
Anche lettere e cartoline alla direttrice sarebbero utili

Op. Ixodidea – Massimo trasferito nel carcere di Alessandria

Apprendiamo che Massimo è stato trasferito dal carcere di Tolmezzo presso la sezione Alta Sicurezza 2 (AS2) del carcere di Alessandria, dove i prigionieri anarchici vengono tenuti separati dal resto della popolazione detenuta.

Per scrivergli:

Massimo Passamani
Carcere San Michele strada Casale 50/A
15122 Alessandria

Solidarietà a Massimo Passamani!

Hanno paura, hanno paura che l’autunno sia caldo, ben più caldo di questa asfissiante estate…hanno paura, hanno paura che il loro mondo, i loro privilegi, la loro signoria cada sotto i colpi possenti della rivolta…hanno paura e, come una belva ferita, colpiscono ciechi chi da sempre lotta, con la mano e la mente, contro l’oppressione dell’autorità, della gerarchia e dello sfruttamento…tremano, tremano scossi dai brividi della rivolta che ribolle in una valle piemontese e che fa vacillare, non accettandola, la loro autorità fatta di ruspe e manganelli, devastazione e lacrimogeni. In questo stralcio di 2012 tanti compagni sono stati sequestrati dallo stato e a loro va il nostro più fraterno abbraccio. Giusto ieri 27 Agosto Massimo ha subito stessa sorte, assieme alla compagna Daniela…ebbene non credano di poterci fiaccare o intimorire, non credano, lor signori, di poter prevenire l’imponderabile…non sperino birri, politicanti ed affaristi di tutelare i propri interessi (e le proprie tibie) dispensando manganellate ed anni di carcere…la voglia di Libertà è un virus contagioso e resistente al vaccino autoritario, e ci sarà sempre qualche infetto pronto ad attizzare il bracere della rivolta. Solidarietà a Massimo e Daniela, solidarietà ai sequestrati nelle operazioni Aediere e Mangiafuoco! Viva l’Anarchia!

Anrachici Pistoiesi.

OP. Ardire, lo stato che si sfascia attacca i ribelli…in aggiornamento

Alessandro e Paola hanno già fatto l’interrogatorio di garanzia, hanno visto i rispettivi avvocati e possono ricevere la posta.
Sono nel carcere di Perugia, l’indirizzo è:

Alessandro Settepani
Paola Francesca Iozzi

casa circondariale Capanne
via Pievaiola 252
06132 Perugia

Sergio e Katia, rinchiusi rispettivamente a Regina Coeli e Rebibbia, faranno l’interrogatorio domani, nel momento in cui vedranno l’avvocato e nel frattempo non ricevono posta.
Anche Giulia, a Teramo, non è ancora stata interrogata.

Sono tutti in isolamento.

SOLIDARIETA’ CON GLI ARRESTATI, GLI INDAGATI, I PERQUISITI.

Aracnide – Cassa di solidarietà contro la repressione
aracnide@autistici.org

(si invita chi è in possesso di ulteriori informazioni a pubblicare aggiornamenti)

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Alle 4 di questa mattina i carabinieri del ROS hanno fatto irruzione in una quarantina di abitazioni attuando l’operazione repressiva contro il movimento anarchico denominata “Ardire”, ordinata dalla pm Manuela Comodi di Perugia: 10 arresti (8 in Italia, 1 in Germania e 1 in Svizzera) e 24 indagati.

Le compagne e i compagni arrestati sono:

Stefano Gabriele Fosco
Elisa Di Bernardo
Alessandro Settepani
Sergio Maria Stefani
Katia Di Stefano
Giuseppe Lo Turco
Paola Francesca Iozzi
Giulia Marziale

Per quanto riguarda le misure cautelari in Germania e Svizzera, si tratta di due anarchici già sequestrati dallo Stato da diversi anni, Gabriel Pombo Da Silva e Marco Camenisch. Tra i nomi degli indagati sono presenti anche molti compagni e compagne prigionieri/e in Grecia per il processo alla CCF.

Appena possibile diffonderemo gli indirizzi delle carceri in cui sono prigionieri e invitiamo chi avesse queste informazioni a comunicarcelo.

Tra le abitazioni perquisite, ufficialmente in cerca di materiale esplodente, documenti informatici e cartacei, anche quella di un curatore di informa-azione, a cui hanno sequestrato, tra le altre cose, i computer necessari per l’aggiornamento del sito, e di due compagni di Culmine, tratti in arresto.

Attendiamo maggiori notizie per comprendere nella sua interezza la portata e la strategia sottendente questa operazione repressiva. Non attendiamo invece ad esprimere solidarietà e vicinanza a tutti i compagni e le compagne colpiti da perquisizioni, indagini e arresti.


riceviamo e diffondiamo:

E’ la stessa storia che si ripete.

Nel contesto di una maxi-operazione (“Operazione Ardire”… ma che nome del cazzo è?) contro anarchici ed incendiari della pace sociale, alle 4.00 della notte tra il 12 ed il 13 giugno, subisco una perquisizione domiciliare da parte dei ROS di Perugia e di Bologna, oltre ad un paio di carabinieri locali (anche se con esito negativo, a differenza dell’ultima). Cercavano le stesse cose dell’altra volta: computer, materiale esplodente, ecc.
Questa volta, però, con una simpatica sorpresa: i signori in divisa, per ordine dell’ormai nota suor M. Comodi, mi informano del fatto che è stata aperta un’indagine nei miei confronti, per il solito articolo 270bis.
Voglio comunque chiarire che, sebbene mi sia stato assegnato al momento un avvocato d’ufficio, revocherò ogni difesa legale, poiché nego il diritto e non riconosco nessuna autorità, giudiziaria o meno.

In ogni caso, una classica retata in grande stile, per la quale, tra l’altro, sono in custodia cautelare una decina di anarchici e sono sotto indagine più di una ventina di persone, tra cui anche alcuni/e compagni/e della CCF, ma è ancora presto per avere un quadro generale della situazione.

Che dire? Sarebbe ripetitivo sottolineare che, nonostante tutti gli anni di galera sotto i quali possono seppellirci, l’incendio che portiamo dentro è ormai inarrestabile.
Esso si espande, fiero, ed incontra le fiamme degli affini di ogni dove, coloro che, in un mondo come questo, accettano un’unica posizione: quella dell’attacco.
Questi straordinari compagni, il cui odio brucia come mille soli che splendono nel cielo, sono gli amici ed i fratelli con cui condividiamo rabbia e dolore, lacrime e sorrisi, dubbi e passioni che pesano come macigni e fischiano come piombo; sono coloro che minacciano la società, le sue leggi ed i suoi difensori con la loro stessa esistenza; sono quei ribelli indomiti che illuminano le notti e dipingono le città coi colori della distruzione e della rivolta.
Anche da dietro le sbarre delle carceri o all’interno dei tribunali, i loro sguardi, le loro parole ed i loro pensieri sono armi pericolose e si fanno lime affilate per l’evasione, benché giudici e PM tentino di soffocare in loro qualsiasi barlume di potenza individuale.
Ma questi scarti umani non possono fermare la furia iconoclasta che si sta diffondendo come un virus.
Noi siamo l’infezione… e non c’è nessuna cura. Né per i “padroni”, né per i “servi”.

Il caos è alle porte…

Un gigantesco, incandescente, complice abbraccio di fuoco a voi, compagni.

SOLIDARIETA’ TOTALE CON I RIBELLI ARRESTATI ED INDAGATI
PER LA DISTRUZIONE DELLA SOCIETA’
CHE IL RUGGITO DELLE POLVERI SQUARCI IL SILENZIO DELLA PACE SOCIALE

VIVA L’ANARCHIA!

Tomo, 13 giugno, dal mio Nulla.