Moretti da RFI a Finmeccanica…

Mauro Moretti cambia giacchetta e dopo aver concorso all’eccidio di Viareggio, aver spinto per la devastazione territoriale in Valsusa e smontato pezzo per pezzo il trasporto pubblico viene premiato per l’egregio lavoro svolto e affiancato all’ex boia De Gennaro ai vertici di Finmeccanica, la partecipata statale che oltre a produrre treni dipana le sue attività tra la produzione di armi da guerra e nucleare. Mentre non si sa ancora chi lo sostituirà in RFI sappiamo per certo a chi il nostro offrirà con abnegazione i suoi servigi di assassino in colletto bianco. Intanto i sindacati, gli stessi sindacati (da cui peraltro lo stesso Moretti proviene, essendo un ex CGIL) che lo hanno affrontato nelle varie vertenze per i lienziamenti e le dismissioni nelle ferrovie, dicono di aspettare, prima di giudicare la nomina, la prova dei fatti…premesso lo schifo che proviamo per finmeccanica e per i sindacati collusi con i poteri forti, ci fa sorridere di come la retorica cerchiobottista delle associazioni a “tutela dei lavoratori” si spinga tanto in là dal voler dare ancora una possibilità di redenzione ad un personaggio che ha dimostrato tutto lo schifo che ha dentro nelle dichiarazioni sui morti di Viareggio o sull’avidità di base che lo muove e che esplose con tutto il livore possibile quando ad essere depennato rischiò di essere il suo super stipendio. Insomma, la fabbrica di morte finmeccanica ora ai vertici ha ben due servitori fedeli del capitale e dell’autorità, il “ferroviere” assassino moretti ed il boia di Genova, con le mani sporche di sangue, De Gennaro, entrambi premiati con posti sicuri, lauti stipendi e future pensioni d’oro da quell’autorità e privilegio per i quali si sono sempre battuti…

Pistoia-Aumenta la videosorveglianza

ratelecamenE’ di oggi la notizia che la giunta pistoiese capeggiata dal giovane e rampante Samuele Bertinelli ha approvato l’istallazione di nuove telecamere in città, ufficialmente -si dice- per prevenire i reati contro il patrimonio (probabilmente la scusa saranno le scritte vergate qualche giorno fa sul battistero) ma che in realtà serviranno solamente per totalizzare ancora di più il controllo sui corpi degli individui, che saranno ancora di più spiati e seguiti dal grande fratello in salsa pistoiese. Quindi l’ennesima soluzione per il “degrado” sta soltanto nell’aumentare il controllo e la repressione, facendo finta di non sapere che se “degrado” c’è questo è dovuto all’organizzazione sociale vigente basata sullo sfruttamento e l’esclusione. E ovvio che queste telecamere serviranno solo a reprimere, si tratta di 4 apparecchi ad alta risoluzione e visione notturna, che potranno essere utilizzate dai vigili in tutto l’ambito provinciale, quindi eventualmente anche per la sorveglianza diretta non solo di cose, ma anche di individui “potenzialmente” pericolosi. La speranza e che queste telecamere ed i vigili che le manovrano incontrino dei volenterosi travisati ed armati di bei bastoni…chissà…

Pistoia: si avvicina il 25 aprile, pronte le bandierine ed i conati di vomito

Ci avviciniamo al 25 aprile e già si sentono i fermenti di una città morta che si prepara a festeggiare la “liberazione” ostentando quell’antifascismo di facciata che si sostanzia nella pratica quotidiana del disimpegno, della rassegnazione e dell’acquiescenza proni innanzi all’autorità. Ci sarà il pranzo del 25 aprile degli “antifascisti” dell’ho chi minh, quello stesso circolo che solidarizzò con i fascisti di cagapound dopo il bell’attacco che la loro sede subì nel 2009; ci sarà l’ANPI cittadina, altra realtà che con l’antifascismo ha chiuso da tempo, tanto da organizzare, qualche anno fa, una tre giorni sulla repressione alla quale non si sognò certo di invitare gli antifascisti repressi oggi; ci sarà l’ARCI, che a suo tempo per mano pavida di Tasselli Federico allora presidente, vietò la presenza nei circoli agli antifascisti, con tanto di lettera inviata a sindaco, carabinieri, questura, ecc…; ci sarà il PD che magnifica i partigiani (quelli morti e sepolti) e chiede repressione per chi resiste in Valle di Susa, per chi occupa case vuote, per chi lotta contro i CIE, per chi si batte contro il fascismo. Ci saranno tanti di quei giovani pistoiesi nati vecchi, che parlano di rivoluzione ed ammuffiscono nelle sedi di partito, con l’unica prospettiva o di fare carriera in politica o di vivere una vita di servitù al soldo del padrone (con la maglietta del che, però!)…eppure basterebbe poco, basterebbe alzare la testa e rifiutare il giogo dell’asservimento, della rassegnazione, del “realismo” che non è altro che un docile accettare lo stato delle cose, in poche parole prendere in mano la propria esitenza…me evidentemente a Tristoia ed ai tristoiesi va bene così. Eppure sotto la cenere della pacificazione qualcosa ferve e, a noi che ora siamo lontani, non può che far piacere. Qualcosa dicevo ferve, si muove nonostante il peso schiacciante dell’inazione generale…è un qualcosa che ancora non ha forse una coscienza delineata, che pecca di inesperienza e certe volte di approfondimento, ma che può essere un primo incedere verso qualcosa che ridia dignità ad una città soffocata da se stessa. Di chi parlo lo sanno i diretti interessati, gli altri non capiranno e non possono capire. In alto i cuori.

La tristezza della rappresentazione, sull’ “attacco alle reti” ad Arquata di Sabato 5 aprile

Il vizio dell’autorappresentazione simbolica e mediatica è duro a morire e continua ad esercitare uno strano fascino su una parte di così detto “movimento”, e quello che è accaduto Sabato ad Arquata, al di là dei video esultanti e dei fieri comunicati, la dice lunga su quanta strada ci sia ancora da fare in itaglia prima di riuscire a creare sacche di resistenza ed attacco realmente capaci di opporre il proprio agire alle devastazioni sociali ed ambientali. Continue reading

Miseria sinistra. Un esperimento di reazione in salsa greca

Ebbene sembra che i sinistri abbiano deciso di lanciarsi nel nuovo fallimento elettorale (e questo sarà, al di là del risultato delle urne), alla stupidità non c’è fine. Stupidità dell’elettore che ancora cerca labbra da cui pendere e leaders da seguire e vanagloria di chi, candidato, vuole celebrare sé stesso raccontandosi di essere in marcia verso Bruxelles per difendere il bene comune. Ma in cosa si sostanzia la proposta politica di questi signori? Qual’è il ruolo di questa lista Tsipras? A chi e cosa serve? Continue reading

Occhio alla penna! Sui comunicati ed i loro contenuti

InquisizioneRivoltosi, noi come altri, ci troviamo da sempre e sempre più spesso a dover fare i conti con la repressione, sia che ci tocchi direttamente o che colpisca un altro combattente. Proprio mentre scrivo tanti riottosi sono chiusi in celle o ai domiciliari, privati del piacere di poter annusare l’aria dopo un acquazzone o di godere del primo sole dopo la tempesta, sequestrati dallo stato. Isolati si, ma non soli, perché chi si rivolta non lo è mai, ma non è della solidarietà che mi accingo a parlare, bensì di una pessima abitudine che rilevo spesso nei comunicati dei gruppi di solidali. Non di tutti, ovvio, raramente quando gli scritti escono da penna anarchica, ma può capitare.
Tutti si scagliano contro l’arroganza del potere, e questo senza distinzione di colore, tutti urlano a gran voce di quanto la giustizia sia ingiusta e parziale, asservita, schiava di logiche di potere e quant’altro. Quando però alcuni si trovano a scrivere dei propri nemici, non si fanno troppi problemi, anzi erigono a prova granitica della bontà delle proprie affermazioni i procedimenti o le sentenze comminate dagli stessi tribunali che quando li toccano più o meno direttamente vengono vituperati. Epilessia ideologica? Utilitarismo? Cecità? Chissà. Resta il fatto che il fenomeno si verifica spesso, basti per esempio guardare alla Val di Susa, dove i tribunali sono cattivi quando colpiscono i resistenti, ma le cui operazioni vengono citate come rafforzativo delle proprie convinzioni quando colpiscono ad esempio il Virano di turno.
Ovvio che per coloro i quali i tribunali, purché di popolo sono stati e sarebbero il pane quotidiano dare un colpo al cerchio ed uno alla botte è normale e logico, come lo è per i riformatori del sistema, che ammettono in sostanza l’esistenza dell’istituzione così com’è. Chi ammette stato, gerarchia e asservimento non può che condannare l’operato del singolo funzionario, ma non l’apparato in sé. Per chi però ha un orizzonte che parl di liberazione individuale ed a partire da questa di liberazione collettiva beh, le cose stanno diversamente. Se è ovvio che un devastatore ambientale è da combattere, come lo è l’autorità, come lo sono i fascisti, ecc…, è altrettanto vero che almeno noi non abbiamo bisogno di sentenze o simili per attaccare ed utilizzarle contro i nostri avversari per sottolineare la bontà delle nostre azioni è decisamente pericoloso. Spesso lo si fa senza pensarci, trasportati dall’abitudine, ma così facendo in una certa misura non si fa che riconoscere e legittimare l’autorità giudicante, e questo è francamente inconcepibile. Fortunatamente, e lo ripeto, non sono quasi mai penne anarchiste a soffrire di questa epilessia qualitativa, ma certe volte è accaduto soprattutto per mano di coloro i quali credono che un linguaggio più moderato, “popolare”, riconoscibile dalle masse, sia utile alla “causa”. Ma per chi non si sente né prete né messia questi sono discorsi che hanno poco senso. Chi si rivolta per un moto individuale dell’anima e riconosce suoi simili e compagni nella battaglia coloro i quali fanno altrettanto non possono che rifuggire tutto ciò. Velleitari? Forse e quindi? Poco importano i giudizi, non ci riguardano perché non ci interessano.

M.

Comunismo e individualismo – Errico Malatesta

“Ripescando un meraviglioso articolo del mitico Errico Malatesta dove si esprime l’essenza di esser Anarchici al di la’ delle due estreme e antintesi: quella comunista e quella individualista. Scritto nel periodo della passione superuomista degli anni venti , che vedeva il fiorire di  ribelli come Bruno Filippi e Renzo Novatore e Leda Rafanelli.

La bellezza sta’ nella giusta miscela di entrambi tendenze!”

 

Nettlau suppone che la ragione, o almeno una delle ragioni per cui l’anarchismo, dopo tanti anni di propaganda, di lotta, di sacrifizi, non è ancora riuscito a attirare e sollevare le grandi masse sta nel fatto che gli anarchici delle due scuole, comunisti e individualisti, hanno presentato ciascuno la sua teoria economica come unica soluzione del problema sociale, e non sono perciò riusciti a persuadere la gente della realizzabilità delle loro idee.

Io credo in verità che la ragione essenziale del nostro scarso successo sia il fatto generale che nell’ambiente attuale, cioè date le condizioni materiali e morali in cui si trova la massa dei lavoratori e di quelli che pur non essendo lavoratori produttivi sono vittime lo stesso dell’attuale organizzazione sociale, la nostra propaganda non può avere che una portata limitata, la quale si riduce a poco o nulla in certe regioni più disgraziate ed in certi strati della popolazione più tormentati dalla miseria fisica e morale. E credo che solamente a misura che l’ambiente cambia e ci diventa favorevole (il che può specialmente avvenire nei periodi rivoluzionari e per il nostro impulso) le nostre idee possono conquistare un numero sempre più grande di aderenti ed una crescente possibilità di realizzazione. La divisione tra comunisti e individualisti c’entra per poco, poiché essa realmente interessa solo quelli che già sono anarchici e quella piccola minoranza che è in condizione di poterlo diventare.

Ma con tutto ciò resta vero che le polemiche tra individualisti e comunisti hanno spesso assorbito gran parte delle nostre energie, hanno impedito, anche quando era possibile, una franca e fraterna collaborazione fra tutti gli anarchici ed hanno tenuti lontani da noi molti che se ci avessero veduti tutti uniti sarebbero stati attirati dalla nostra passione per la libertà. E quindi Nettlau fa bene quando predica la concordia, dimostrando che per esservi veramente libertà, cioè anarchia, bisogna che vi sia possibilità di scelta e che ciascuno possa accomodare come crede la propria vita, abbracciando la soluzione comunista o quella individualista, o un qualunque grado o una qualunque miscela di comunismo e di individualismo.

Però Nettlau si sbaglia, secondo me, quando crede che il contrasto tra gli anarchici che si dicono comunisti e quelli che si dicono individualisti si basi realmente sull’idea che ciascuno si fa della vita economica (produzione e distribuzione dei prodotti) in una società anarchica. Queste, dopotutto, sono questioni che riguardano l’avvenire lontano; e se è vero che l’ideale, la mèta ultima, è il faro che guida, o dovrebbe guidare, la condotta degli uomini, è anche più vero che ciò che determina più di tutto l’accordo o il disaccordo non è quello che si pensa di fare domani, ma quello che si fa e si vuol fare oggi. In generale, ci si intende meglio, e si ha più interesse a intendersi con quelli che percorrono la stessa via nostra pur volendo andare in un sito diverso, anziché con quelli che pur dicendo di voler andare dove vogliamo andar noi, si mettono per una strada opposta! Così è avvenuto che anarchici delle varie tendenze, malgrado che in fondo volessero tutti la stessa cosa, si son trovati, nella pratica della vita e della propaganda, in fiera opposizione.

Ammesso il principio basilare dell’anarchismo e cioè che nessuno dovrebbe avere la voglia e la possibilità di ridurre gli altri in soggezione e costringerli a lavorare per lui, è chiaro che rientrano nell’anarchismo tutti, e solamente, quei modi di vita che rispettano la libertà e riconoscono in ciascuno l’eguale diritto a godere dei beni naturali e dei prodotti della propria attività.

È pacifico tra gli anarchici che l’essere concreto, reale, l’essere che ha coscienza e sente, e gode e soffre è l’individuo, e che la Società, lungi dall’essere qualche cosa di superiore di cui l’individuo è lo strumento e lo schiavo, non deve essere che l’unione di uomini associati per il maggior bene di ciascuno. E da questo punto di vista si potrebbe dire che siamo tutti individualisti.

Ma per essere anarchici non basta volere l’emancipazione del proprio individuo, ma bisogna volere l’emancipazione di tutti; non basta ribellarsi all’oppressione, ma bisogna rifiutarsi ad essere oppressori; bisogna comprendere i vincoli di solidarietà, naturale o voluta, che legano gli uomini tra di loro, bisogna amare i propri simili, soffrire dei mali altrui, non sentirsi felici se si sa che altri sono infelici. E questa non e questione di assetti economici: è questione di sentimenti, o, come si dice teoricamente, questione di etica.

Dati tali principi e tali sentimenti, comuni, malgrado il diverso linguaggio, a tutti gli anarchici, si tratta di trovare ai problemi pratici della vita le soluzioni che meglio rispettano la libertà e meglio soddisfano i sentimenti di amore e di solidarietà.
Quegli anarchici che si dicono comunisti (ed io mi metto tra essi) sono tali non perché vogliano imporre il loro speciale modo di vedere o credano che fuori di esso non vi sia salvezza, ma perché sono convinti, fino a prova in contrario, che più gli uomini sono affratellati e più intima è la cooperazione dei loro sforzi a favore di tutti gli associati, più grande è il benessere e la libertà di cui ciascuno può godere. L’uomo, essi pensano, se anche è liberato dall’oppressione dell’uomo, resta sempre esposto alle forze ostili della natura, ch’egli non può vincere da solo, ma può col concorso degli altri uomini dominare e trasformare in mezzi del proprio benessere. Un uomo che volesse provvedere ai suoi bisogni materiali lavorando da solo, sarebbe lo schiavo del suo lavoro. Un contadino, per esempio, che volesse coltivare da solo il suo pezzo di terra, rinuncerebbe a tutti i vantaggi della cooperazione e si condannerebbe ad una vita miserabile: non potrebbe concedersi periodi di riposo, viaggi, studi, contatti colla vita molteplice dei vasti aggruppamenti umani . . . e non riuscirebbe sempre a sfamarsi.

È grottesco pensare che degli anarchici, per quanto si dicano e siano comunisti, vogliano vivere come in un convento, sottoposti alla regola comune, al pasto ed al vestito uniformi, ecc.; ma sarebbe egualmente assurdo il pensare ch’essi vogliano fare quello che loro piace senza tener conto dei bisogni degli altri, del diritto di tutti ad una eguale libertà. Tutti sanno che Kropotkin, per esempio, il quale fu tra gli anarchici uno dei più appassionati ed il più eloquente propagatore della concezione comunista, fu nello stesso tempo grande apostolo dell’indipendenza individuale e voleva con passione che tutti potessero sviluppare e soddisfare liberamente i loro gusti artistici, dedicarsi alle ricerche scientifiche, unire armoniosamente il lavoro manuale a quello intellettuale per diventare uomini nel senso più elevato della parola.
Di più, i comunisti (anarchici, s’intende) credono che a causa delle differenze naturali di fertilità, salubrità e posizione del suolo, sarebbe impossibile assicurare individualmente a ciascuno eguali condizioni di lavoro e realizzare, se non la solidarietà, almeno la giustizia. Ma nello stesso tempo essi si rendono conto delle immense difficoltà per praticare, prima di un lungo periodo di libera evoluzione, quel volontario comunismo universale che essi considerano quale l’ideale supremo dell’umanità emancipata ed affratellata. Ed arrivano quindi ad una conclusione che potrebbe esprimersi colla formula: Quanto più comunismo è possibile per realizzare il più possibile di individualismo, vale a dire il massimo di solidarietà per godere il massimo di libertà.

D’altra parte gl’individualisti (parlo, s’intende, sempre degli anarchici) per reazione contro il comunismo autoritario – che è stato nella storia la prima concezione che si è presentata alla mente umana di una forma di società razionale e giusta e che ha influenzato più o meno tutte le utopie e tutti i tentativi di realizzazione – per reazione, dico, contro il comunismo autoritario che in nome dell’eguaglianza inceppa e quasi distrugge la personalità umana, hanno dato la maggiore importanza al concetto astratto di libertà e non si sono accorti o non vi hanno insistito, che la libertà concreta, la libertà reale è condizionata dalla solidarietà, dalla fratellanza e dalla cooperazione volontaria. Sarebbe nullameno ingiusto il pensare che essi vogliano privarsi dei benefizi della cooperazione e condannarsi ad un impossibile isolamento. Essi comprendono certamente che il lavoro isolato è impotente e che l’uomo, per assicurarsi una vita umana e godere materialmente e moralmente di tutte le conquiste della civiltà, o deve sfruttare direttamente o indirettamente il lavoro altrui e prosperare sulla miseria dei lavoratori, o associarsi coi suoi simili e dividere con essi i pesi e le gioie della vita. E siccome essendo anarchici non possono ammettere lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, debbono necessariamente convenire che per esser liberi e vivere da uomini bisogna accettare un grado ed una forma qualsiasi di comunismo volontario.
Sul terreno economico, dunque, che è quello che apparentemente divide gli anarchici in comunisti e individualisti, la conciliazione sarebbe presto fatta, lottando insieme per conquistare delle condizioni di vera libertà e lasciando poi che l’esperienza risolvesse i problemi pratici della vita. E allora, le discussioni, gli studi, le ipotesi, i tentativi possibili oggi e perfino i contrasti fra le varie tendenze sarebbero tutte cose utili per preparare noi stessi ai nostri compiti futuri.

Ma perché dunque, se davvero sulla questione economica le differenze sono più apparenti che reali e sono in ogni modo facilmente superabili, perché quest’eterno dissidio, questa ostilità che qualche volta diventa vera inimicizia tra uomini che, come dice Nettlau, sono tanto vicini e sono tutti animati dalle stesse passioni e dagli stessi ideali?

Gli è che, come ho detto, la differenza tra i progetti e le ipotesi sulla futura organizzazione economica della società auspicata non è la ragione vera della persistente divisione, la quale invece è creata e mantenuta da più importanti, e soprattutto più attuali, dissensi morali e politici.
Non parlerò di quelli che si dicono individualisti anarchici, e poi manifestano istinti ferocemente borghesi, proclamando il loro disprezzo per l’umanità, la loro insensibilità pei dolori altrui e la loro voglia di dominio. Né parlerò di quelli che si dicono comunisti anarchici, e poi in fondo sono degli autoritari che credono di possedere la verità assoluta e si attribuiscono il diritto di imporla agli altri.

Comunisti ed individualisti hanno spesso avuto il torto di accogliere e riconoscere come compagni alcuni che non hanno di comune con loro che qualche espressione verbale e qualche apparenza esteriore.
Io intendo parlare di quelli che considero veri anarchici. Questi sono divisi sopra molti punti d’importanza reale e attuale, e si classificano comunisti o individualisti, generalmente per tradizione, senza che le cose che realmente li dividono abbiano nulla da fare colle questioni riguardanti la società futura.Tra gli anarchici vi sono i rivoluzionari, i quali credono che bisogna colla forza abbattere la forza che mantiene l’ordine presente per creare un ambiente in cui sia possibile la libera evoluzione degl’individui e delle collettività – e vi sono gli educazionisti i quali pensano che si possa arrivare alla trasformazione sociale solamente trasformando prima gl’individui per mezzo dell’educazione e della propaganda. Vi sono i partigiani della non-resistenza, o della resistenza passiva che rifuggono dalla violenza anche quando serva a respingere la violenza, e vi sono quelli che ammettono la necessità della violenza, i quali sono poi a loro volta divisi in quanto alla natura, alla portata ed ai limiti della violenza lecita. Vi sono dissensi riguardanti l’attitudine degli anarchici di fronte al movimento sindacale; dissensi sull’organizzazione, o non organizzazione, propria degli anarchici; dissensi permanenti, o occasionali, sui rapporti tra gli anarchici e gli altri partiti sovversivi.

È su queste ed altre questioni del genere che bisogna cercare d’intenderci; o se, come pare, l’intesa non è possibile, bisogna sapersi tollerare: lavorare insieme quando si è d’accordo, e quando no, lasciare che ognuno faccia come crede senza ostacolarsi l’un l’altro.
Poiché, tutto ben considerato, nessuno può essere assolutamente sicuro di aver ragione, e nessuno ha sempre ragione.

(1926)

Nerorgasmo, hardcore punk italiano

Guardatemi con disgusto,trattatemi con disprezzo
Non c’è niente da capire
Chi è nutrito a petromerda
Educato con la morale delle vostre bugie
Destinato al mattatoio
Per ingrassare i vostri agi
Triterete le mie ossa, bollirete le frattaglie
Cibo inscatolato per la mandria
Distillerete il sangue
Preparerete il resto per il vostro succulento pasto
Capo di bestiame umano
Mangerete la mia carne
Sbranerete le mie fibre sature di nero odio
Rigurgitanti aliti di morte
E creperete avvelenati
Che il mio odio è troppo puro per voi
Gonfio di acidi letali
Mangerete la mia carne
Carne

Nerorgasmo ‎– Nerorgasmo (1985 Full EP / Babby Records)

I Nerorgasmo hanno rappresentato per certi versi, e nonostante una discografia suo malgrado piuttosto limitata (1 LP ed 1 EP) una delle migliori eccezioni del panorama hardcore punk italiano: la loro principale peculiarità, di fatto, si espresse sia in termini di stile musicale che di tematiche affrontate all’interno dei testi. Il risultato fu uno dei più cupi che si potessero immaginare all’epoca, e forse per questo motivo meno popolari: certamente le band che incentrarono la propria immagine su discorsi politici (come i Peggio Punx) poterono vantare una specie di “vantaggio” in termini di popolarità e di pubblico. Del resto sarebbe impensabile (se non quasi vagamente criminale) pensare di valutare il valore di una band esclusivamente sulla base del numero di persone che li conobbero – o che, più in generale, li conoscono fino ad oggi: i Nerorgasmo per primi avrebbero rifiutato di farsi catalogare o schematizzare in questi termini. La voce di Luca “Abort” – quasi growl nel primo EP, più nitida ma sempre velenosa all’interno del successivo disco – cantava testi politicamente scorretti, espliciti, violenti, blasfemi. Una musica espressa da musicisti che fecero di tutto per evitare di vendere la propria immagine, e diventare in qualsiasi modo “oggetti di culto” da parte di chiunque fosse. Di certo brani come “Passione nera”, “Nello specchio” o “Giorno” rimangono a mio avviso scolpiti nella storia, in particolare come espressione di un disagio a cui, nonostante la più cupa disperazione (“Ma mai più di sogni ormai non ce n’è più”), sembra possibile ribellarsi e poterne uscire (“Cerco la forza per tirarmi fuori, Cerco la fede per non cadere più domani, Cerco un varco tra i miei pensieri chiusi”, tratto da “Freccia”). Una band che è stata riscoperta e ristampata in un doppio imperdibile cofanetto nero proprio grazie a lui, con un CD con i due album e vari inediti/live ed un DVD che combina due rarissimi concerti live.

La storia racconta che settembre del 2001 muore, a Torino, Luca “Abort”, componente degli Avaria, cantante dei Blue Vomit, Ifix Tcen Tcen e – per l’appunto – dei grandi Nerorgasmo, nonchè convinto occupante di El Paso. Una vita breve,intensa e fatta di eccessi la sua, per un artista dichiaratamente anarchico e al tempo stesso distaccato dalla politica militante che caratterizzava parte della scena hc-punk dell’epoca (si vestì da nazista per provocazione, cosa che difficilmente altre band politically correct avrebbero fatto). Scrisse dei testi apertamente nichilisti, espressione della cupa disperazione della vita nell’anonimato e dell’alienazione, in generale, nella grande città: Torino, in tal senso, fu uno scenario decisamente archetipico. La musica dei Nerorgasmo fu vissuta sui palchi dei centri sociali per circa un decennio, costituendo una parte consistente della cosiddetta “scena hardcore” di cui si continua a discutere, attraverso fasi spesso contraddittorie e controverse, ancora oggi.

“Non serve a nulla ormai
Sperare di gustare
Una vita che non è
Altro che una spirale”
(Nerorgasmo, Spirale)

“Se non capisci che ogni cosa ti insegna
A rinascere nuovo… a rinascere nuovo
Lo senti un vuoto nella pancia
La tua esistenza è solo ansia”
(Ansia, Nerorgasmo)

Alla furia dei Declino, Negazione, Peggio Punx viene in qualche modo opposto questo hc a tinte fosche, che sembra essere debitore (forse inconsapevole) dell’ondata dark in arrivo anche in Italia. Un sound che privilegia in modo prioritario il lato oscuro, impronunciabile e crudele dell’esistenza, parallelamente a quanto hanno fatto death e black metal a confronto di altre correnti meno cupe. I Nerorgasmo riescono a reinventare con decisione nuovi stereotipi blasfemi ed irriverenti, figli del disagio di chi non vuole farsi opprimere dall’ottusa ed insostenibile maggioranza, in nome dell’individualismo più esasperato. Il primo EP, nel quale Luca “Abort” mostra un modo di cantare probabilmente inedito per l’epoca, a cavallo tra hardcore, crust e metal, con vari accenni di un growl quasi inconcepibile per il genere proposto e per questo semplicemente perfetto: il risultato è angosciante, rabbioso, e si nota la prima versione di “Nerorgasmo”, dall’incedere lento, inesorabile, terrorizzante: infinita angoscia sublimata in versi di morte.
“Siamo quei momenti di fredda lucidità
In cui capisci che se schiavo e non riesci a sopportare
Una vita sprecata una recita banale
E malgrado ogni tuo sforzo non ti riesci a controllare
Istinti di rivolta e affermazione personale
Le voci che ti gridano di vivere siamo noi”

La registrazione lasciava nelle prime versioni qualcosa a desiderare, ma in effetti il lo-fi lascia un alone di fascino maggiore a questo breve disco, probabilmente una delle pietre miliari dell’hardcore italiano. Presenti i pezzi “Banchetto”, la crudele “Distruttore” (costituita da un ossessivo riff di basso) e l’indimenticabile – come musica e come concept sottostante – “Passione nera” (l’odio catalizzato come sentimento creativo, come ad esempio i disegni e le illustrazioni di Luca “Abort” testimoniano ancora oggi).

“L’odio cresce dentro il mio corpo vibra
Lo sento già pulsare attraverso la mia fibra
Non riesco a trattenermi non voglio più castrarmi
Più cresce la mia rabbia più non voglio limitarmi”

Per quanto riguarda il disco LP uscito nel 1993 (dopo una serie di vicissitudini tra cui un pestaggio al cantante da parte di un gruppo di naziskin), vengono riproposti i quattro pezzi del disco EP in una nuova versione leggermente migliorata, affiancata ad un repertorio realmente sconvolgente in quanto ad originalità. Inafferrabili questi Nerorgasmo: a volte atei, a volte esistenzialisti, pragmatici, improvvisamente – e senza preavviso – cupi o blasfemi. Difficile, o impossibile, trovare un equivalente musicale di quel periodo nel nostro paese.
“Restiamo sul vago dove tutto è uguale al nulla
Passi un altro giorno passi pure un altro anno”
(Freccia, Nerorgasmo)

La volontà di chi non vuole più vivere (male), di chi è trafitto orribilmente dal nulla genera una tensione continua con l’inesorabile mediocrità della vita quotidiano: e questa tensione si traduce in una musica introspettiva, che invita comunque a lottare fino alla fine per vedere realizzati i propri sogni. Se è vero che alla fine di tutto esiste la morte – l’uomo è sì “destinato al mattatoio” – eppure “più cresce la sua rabbia, più non vuole limitarsi” e questo potrebbe, volendola definire, rappresentare la poetica in parte dualistica di questa band. Anche lo stesso rifiuto nei confronti della società moderna si traduce non solo nell’orrore incondizionato verso il lavoro in catena di montaggio o, più in generale, contro la spersonalizzazione del branco nei confronti del singolo, ma anche nella riscoperta dell’Io, dell’individuo in quanto tale. Una band ritrovata da molti appassionati solo negli ultimi anni, e che meriterebbe di essere rivalutata con grande attenzione

 

Piero Ciampi – La guerra di Piero

Piero Ciampi
“Tu darai loro prenderanno e ti incalzeranno sulla soglia di un manicomio senza porte”.

Inhttp://www.youtube.com/watch?v=XttRknQzzVo

 

Piero Ciampi, ogni notte, collezionava donne di cui poche ore dopo a stento ricordava il nome, solo due ne ha amate veramente e le ha perse entrambe, per colpa sua e per sempre. Piero Ciampi cominciava a bere di primo mattino, per schiarirsi le idee, innaffiandole e mescolandole in piccole poesie fino a che il sonno non concedeva una tregua ai suoi cattivi pensieri. Piero Ciampi si dà con tutto se stesso alle persone che incontra oppure le prende a pugni. Qualsiasi cosa pur di abbattere a colpi di scure la foresta d’indifferenza che lo circonda. Piero Ciampi è amico degli scaricatori, degli stradini, dei disoccupati come e più di quanto può esserlo di intellettuali come Moravia, Bene o Schifano. Piero Ciampi si fa pagare cinquecentomila lire (degli anni Settanta!) per cantare mezza canzone e mandare affanculo il pubblico. Piero Ciampi è odiato dai colleghi, dai discografici, dalle radio e dalle televisioni. Piero Ciampi sputa in faccia al successo ogni volta che può e, scommetteteci pure, gode come un pazzo a mandare tutto in vacca. L’unica formalità a cui tiene, a questo mondo, è che lo si chiami poeta e tanto briga che riesce a farsi stampare, a chiare lettere, questa bestemmia dell’industria culturale perfino sul suo passaporto lercio e spiegazzato, alla voce “professione”. Continue reading

Sabato 9 novembre Azione contro i neo-nazisti a Londra – Regno Unito

Sabato 9 novembre ,  famigerati fascisti e neonazisti hanno lanciato una manifestazione a sostegno del gruppo di solidarietà dei prigionieri del partito neonazista Golden Dawn, all’ambasciata greca di Londra.

Oltre 40 militanti del AFN hanno risposto con  un’azione coordinata per inviare un messaggio forte e chiaro ai partecipanti della dimostrazione  neo- nazista e razzista , che non sono mai e non saranno mai ben accolti. I fascisti son stati avvisati dentro al pub prima della manifestazione. Non uno dei 12 fascisti hanno detto una parola , nessun slogan del tipo “smashing the reds” , invece il senso di paura a taglio era  sui loro volti. Con questo messaggio si spera di  fare impressione far dissuadere i fascisti più giovani . I fascisti più giovani sono stati portati  fuori dal pub e accompagnati  sui treni da parte di militanti Antifa con un  gran vaffanculo .

I fascisti rimanenti da buon codardi hanno reclamato la presenza di sbirri al pub, per farsi scortare fuori dal pub .Non riuscendoci  hanno finito per prendere un taxi per l’ambasciata .

La nostra idea è stata quella di non partecipare alla contro manifestazione , ma quella di usare una tattica differente .La manifestazione fastista era ben protetta e organizzata dagli sbirri in modo che qualsiasi protesta venisse arginata. Situazioni diverse richiedono tattiche diverse .

Dopo l’azione , sequestrati Bandiere della Golden Dawn sono state bruciate . Noi diamo la nostra totale solidarietà ai nostri fratelli della classe operaia e sorelle in Grecia , i molti migranti che sono in lotta contro il razzismo e il fascismo e per il nostro Pavlos fratello che è stato ucciso da membri della Golden Dawn .

Londra – sempre puntuale anti- fascisst !

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Traduzione dal sito: http://actforfree.nostate.net/?p=15516