Lo sbirro Antonio Rovito e la stupidità della divisa

Che per portare una divisa non si debba essere troppo svegli non è una novità, del resto quotidianamente sentiamo parlare –grazie ai media di questo paese caserma- sbirri di ogni grado che discettano su qualsiasi argomento, senza necessariamente sapere di cosa stiano parlando.

Anche lo sbirrame pistoiese non vuol essere da meno e dopo le uscite razziste del Marrano Napoletano assistiamo ai vaniloqui legalistico ambientalisti del sindacalista sbirro Antonio Rovito, segretario provinciale del COISP.

Senza tirare in ballo la frenologia, non scienza ormai da quasi cento anni sbugiardata, mi voglio concentrare su una semplice analisi del linguaggio.

Il nostro fine dicitore, parlando del blocco dei lavori alla nuova questura, avvenuto a causa  dello stato che ora nega i fondi, ci dice che Pistoia vuole il nuovo polo della sicurezza e a dimostrazione di ciò ci sarebbero un migliaio di firme raccolte in piazza. Non è su questo che mi voglio concentrare, anche se giova rilevare che in passato, nella stessa città di Tristoia furono raccolte poco meno di mille firme per la chiusura del covo fascista di Casa Pound e da più parti si sentì affermare che mille firme rappresentavano comunque un’esigua minoranza in una città di quasi 100.000  abitanti la cui maggioranza evidentemente non sentiva la necessità di negare agibilità ai nipoti del duce…ebbene, usando la stessa logica il nuovo canile per il quale si sgolano i nostri ispettori Barnaby non può essere evidentemente additato come una priorità o una cosa ritenuta importante dalla maggioranza della collettività…ma non è questa logica da Bar che mi interessa, la lascio volentieri ai micro dotati di intelletto che affollano –tutti vestiti uguali- le strade delle città.

Il punto sul quale soffermarsi è un altro. Rovito afferma che lo stato deve rispettare gli impegni sia per la richiesta di sicurezza della cittadinanza, sia perché non può permettersi di lasciare in eredità a Pistoia un mostro ecologico…Il punto è questo,  Il nostro afferma che il blocco dei lavori creerebbe un obbrobrio ambientale, come se questa qualifica fosse vincolata alla destinazione d’uso della struttura, infatti visto che la lingua italiana non è un’opinione il significato intrinseco di questa affermazione ci spiega che una struttura non finita è da considerarsi mostro ambientale, mentre il canile pronto all’uso perderebbe questo significato acquistandone un altro…eppure voglio far notare al povero divisato che la sua presenza, come quella degli altri “colleghi” all’interno dei nuovi locali non ridurrebbe la cubatura del cemento riversato in un’area già fortemente cementificata e soggetta ad una speculazione edilizia palese affidata al mafioso Giusti per l’edilizia.

Un “mostro ambientale” è tale perché consuma territorio, perché aggiunge metri cubi di cemento in un area già fortemente cementificata, perché diminuisce la vivibilità dell’area non soltanto per il cittadino ma anche per la fauna che comunque vive in quell’area, Perché sottrae spazio al verde, perché contribuisce, attraverso l’impermeabilizzazione del suolo, al dissesto idrogeologico del territorio nel quale si inserisce, ecc…Insomma, la destinazione d’uso c’entra poco, anzi niente.

L’affermazione del povero Rovito insomma dimostra come il nostro utilizzi strumentalmente, per avallare la sua tesi, il tema dell’ambiente senza sapere minimamente di cosa stia parlando e probabilmente fregandosene proprio insomma, puro politichese. Purtroppo per il miseramente dotato Rovito c’è sempre qualcuno che appassionato di decenza mette in mostra le aporie delle tesi dei piccoli personaggi a lui pari, non se la prenda, esisterà sicuramente un corso di formazione sbirresco tenuto da qualche suo collega munito di congiuntivi che potrà aiutarlo a migliorare i suoi strumenti comunicativi, sempre che lo stato gli paghi la retta…

Grecia: Solidarietà al movimento NO TAV da Corfù

Riceviamo e pubblichiamo:

Ieri sera, 10-4/2012, un’iniziativa dei compagni dei centri sociali di Corfù abbiamo fatto un presidio in piazza Georgaki con una proiezione di controinformazione, testi e un striscione. Μa perché ci interessa il movimento NO TAV? In Italia la somiglianza con la realtà greca é chiara.

In Grecia (Papademos), come in Italia (Monti), i premier sono banchieri nominati. In tutti e due i paesi, ci danno “da mangiare” le stesse bugie riguardo lo sviluppo, come  beneficio per la società.

Perché il loro sviluppo, sia che si tratti del TAV, sia delle turbine eoliche sulla montagna Pantocratoras di Corfù, calpesta la vita dei residenti e della natura. L’unico ad avere beneficio é sempre il capitale.

Perché questo tipo di opere si fa a favore dei grandi appaltatori, che in Italia succede  essere la mafia, e in Grecia le grande ditte che prendono sempre i lavori pubblici e controllano i media.

Perché i media hanno lo stesso ruolo dappertutto, quel ruolo che é sempre a favore di ogni padrone. Calunniano e distorcono ogni lotta sociale. Dividono i manifestanti in “buoni” e “cattivi”. Cercano di volgere l’opinione pubblica contro  ogni movimento, e presentano come “unica verità”, quella di ogni appaltatore.

I media costruiscono “un muro di silenzio” intorno ad ogni focolaio di resistenza, cercando di conviverci che la crisi economica e il suo affrontarla é una questione nazionale. Noi rompiamo questo “muro di silenzio”, per dimostrare che sul saccheggio delle nostre vite non c’é nessuna dimensione nazionale, ma solo quella di classe.

Da Keratea fino a Kulon Progo, e da Lefkimi (Corfu) fino alla Val di Susa, lo stato e il capitale cambiano molti nomi ma hanno sempre lo stesso volto quello del denaro e della morte.

LO SVILUPPO NON É PER IL POPOLO, MA PER I MAFIOSI E I PADRONI.
Forza compagni/e! Impariamo dalla vostra lotta!

Iniziativa di Solidarietà a NO TAV–Corfù
Elea squat & Draka squat

Premiata norcineria Napolitano – Ovvero dei maiali in divisa e della manipolazione della realtà.

Il Maiale (con tutto il rispetto dovuto a questo nobile animale) Napoletano, del quale pubblichiamo il grugno nel caso qualcuno incontrandolo per strada volesse condirlo di sputi, ha deciso di riprendere le retate contro i migranti che già aveva tentato di attuare qualche anno fa.

L’essere immondo parla dei migranti, i parcheggiatori abusivi, i venditori di fazzoletti, come di elementi che creano “percezione d’insicurezza” mentre il povero demente dovrebbe sapere che –come “insegnano” tutti gli esperti di comunicazione- tale percezione è creata, spesso ad arte, da una riproposizione ossessiva, veicolata attraverso i media, di un assunto che può o meno avere attinenza con la realtà ma che informa sé stesso –autoavverandosi- nel momento in cui la liturgia diventa familiare all’orecchio di chi ascolta. Il migrante diventa elemento di percezione d’insicurezza (che commetta “reati” o meno poco importa, in questo caso l’abito fa il monaco) nel momento in cui le tv e i giornali ripetono ossessivamente la filastrocca immigrazione/delinquenza e utilizzano –nel trattare i fatti di cronaca legati ai migranti- un linguaggio allarmistico e veterorazzista (l’articolo del Tirreno che mi ha spinto a scrivere queste righe è paradigmatico). Nella società drogata di notizie la verità e quella ripetuta a mò di matra dai media e non importa che le cose stiano effettivamente come vengono presentate. Ma tant’è. Il Paria Napoletano in realtà sembra sapere bene tutto ciò ed utilizza ad arte un linguaggio misto di delirio securitario, allarmismo e razzismo velato…che abbia letto Chomsky o McLuhan? Personalmente dubito molto, probabilmente si sarà limitato a riproporre a pappagallo le indicazioni di qualche direttiva vigilesca…Lo schifoso essere in divisa in una città avvelenata dai vivai e da discariche ed inceneritori, strozzata dalla speculazione edilizia, individua come emergenza sociale gli ultimi, i derelitti, coloro che per vivere vendono accendini o ti chiedono un euro…il porco ci dice che “qualcuno”  “potrebbe” aver paura…ebbene qualcuno “potrebbe aver paura” anche del poliziotto cocainomane che ti ferma in strada e che magari ti porta in questura e ti ammazza (capita, basti vedere i due omicidi avvenuti solo qualche settimana fa nella cella di sicurezza della questura di Firenze, eventi del quale pochi parlano)…aspettiamo che l’idiota annunci sui giornali che i vigili eseguiranno retate contro Carabinieri, questurini, militi e loro stessi.

Scherzi a parte per l’ennesima volta si vuol trovare uno specchietto per le allodole, un dito da mostrare dietro al quale nascondere la realtà dei fatti, una crisi che morde e che affama, figlia di un capitalismo (nella sua forma storicizzata) che nei suoi ultimi spasmi sta tentando ti trascinare nella fossa quante più persone possibili. Trovare sempre il capro espiatorio, questo l’imperativo. Per contro è innegabile di come chi abbocchi all’amo dell’immondo Napoletano non sia proprio migliore del suddetto…mi sono stancato di giustificare chi “non ancor cosciente” avalla certe scelte, chi, non preparato culturalmente cade nella trappola del potere, chi “ha troppi problemi per fermarsi a riflettere”, come mi sono stancato di sentir ripetere dai sinistroidi di ogni risma che nella società c’è una generale disinformazione e che si deve lavorare su questo, che “l’uomo della strada”, quello che difende gelosamente le catene che da solo si forgia, dev’essere accompagnato in un percorso che lo porti ad acquisire coscienza di sé e del mondo che lo circonda…amenità da prete e da parrocchia! Io non sono prete di nessuna religione, chi difende le proprie disgrazie come una benedizione può tranquillamente impiccarsi con la corda che egli stesso avrà tessuto in anni di lavoro abbrutente e rapporti personali distrutti dalla contingenza.

IO lotto per urgenza e necessità individuale, Con gli altri e non PER gli altri. Io non prometto niente se non la possibilità dell’inconoscibile, non ho orizzonti preconfezionati da offrire ai dopati di certezze…eppure una certezza anche questi reietti la dovrebbero avere, che questo ordine di cose li porterà all’annientamento; se poi lor signori ritengono questa prospettiva l’unica percorribile che facciano pure, ma che piangano e si lamentino in silenzio, LA MIA MUSICA È TROPPO SUBLIME PER ESSERE IMPASTATA CON LE STRIDULE NOTE DELLA LORO RASSEGNAZIONE. Se lo volete tenetevi Napoletano il vigile, esempio principe dello schifo che accettate.

A MORTE L’AUTORITÀ, A MORTE LA MASSA, VIVA L’INDIVIDUO!

Il Caselli piangente…

Gian Carlo Caselli e i No Tav : «C’è un clima d’odio, vogliono zittirmi»

Il procuratore di Torino che ha ottenuto l’arresto di alcuni esponenti del movimento: «Non la do vinta ai violenti, gli incontri si faranno in luoghi sicuri. Mi ricordano i camorristi».
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E’ singolare come chi difende gli interessi di un opera inutile, dannosa per l’ambiente e per chi gli abita attorno, permeata da pesanti infiltrazioni mafiose e regolata da una speculazione sistematica si permetta di tacciare di “Camorristi” chi lotta per un futuro diverso e per la propria sopravvivenza. D’altra parte il potere non ammette alterità e la combatte con le armi che gli sono consone: la diffamazione, la montatura, la violenza.
Il nostro dice che non la darà vinta ai violenti, ma cos’è la violenza? E’ violenza un sasso? E migliaia di lacrimogeni CS, quelli che i trattati internazionali hanno vietato in guerra perché cancerogeni e mutogeni(!), utilizzati solo dalla polizia italiana contro le popolazioni in lotta e dall’esercito israeliano in Palestina, non lo è?
Caselli è solo un cane da guardia ben pettinato del privilegio e degli interessi legati al suo partito di riferimento (il Partito Devastatore) e a quelli delle grandi lobbies economiche a loro collegate, la Impregilo di Ligresti, la CMC di Ravenna (della quale Bersani è stato dirigente), ecc…
C’è chi davanti a tutto ciò la testa non vuol chinarla, costi quel che costi. A SARA’ DURA!
Caro Caselli, a Settembre ti aspettiamo a Quarrata!

Riottosi senza quartiere.

Pistoia – resoconto dell’iniziativa Antifascista del 7.01 davanti a Casa Pound

Ieri, 7.1.2012 quasi un centinaio di atifascisti ed antirazzisti si sono ritrovati, nonostante le minacce della questura, davanti al bandone chiuso (e speriamo che lo sia sempre di più) di Casa Casseri (ex Casa Pound). Dalle 17 e 30 abbiamo degustato un ottimo thé marocchino ed assistito allo spettacolo “Bastasvastica” messo in scena dalla compagnia Ultimo teatro per le vie del quartiere di S. Marco. I fascisti non si sono fatti vedere, ma hanno ben pensato di rilasciare deliranti dichiarazioni sull’antidemocratismo dei manifestanti (chi scrive della democrazia se ne frega…) auspicando che la questura impedisse l’evento (come sempre si rivolgono ai loro amici)…lasciamoli parlare…C’è da notare comunque quanto ad ogni iniziativa la partecipazione cresca e quanto gli spazi di agibilità dei fascisti si stiano riducendo. A brevissimo saremo ancora li davanti. Vi terremo informati.

Sofismi neofascisti. Sui fatti di Firenze.

“Casseri non era tesserato al nostro circolo, chiunque lo afferma verrà denunciato”. Queste sono le dichiarazioni del Fascista Lorenzo Berti, segretario del covo neofascista pistoiese…sembra proprio che il nostro faccia finta di non comprendere come il nodo non sia una tessera con il nome sopra ma la frequentazione fattiva del luogo in questione, nonché l’assidua presenza del Casseri alle iniziative del gruppuscolo neofascista e la sua adesione ad un’ideologia –quella fascista- che dimostrava di conoscere e padroneggiare a fondo. Casseri è stato definito come un discontinuo della militanza, eppure era presente ad ogni iniziativa del gruppo pistoiese, come del resto documentato da una miriade di foto e di video. Casseri è stato dipinto, dai rappresentanti del gruppo neofascista CasaPound, sia a livello regionale che nazionale, come un poveretto un poco matto, uno “sfigato” che veniva invitato alle loro iniziative per fare numero…eppure questo “poveretto” aveva scritto assiduamente sui siti di Casa Pound come ad esempio “ideodromo”, la pagina web dove vengono –a detta di Iannone, il ducetto a capo dell’organizzazione- sviluppate le linee guida ideologiche e culturali di CP, ed era stato invitato più volte a presentare i suoi libri nelle sedi neofasciste di mezza Italia. Singolare che un poveretto, uno squilibrato, sia tenuto così di conto addirittura dai vertici dell’organizzazione neofascista. Ci domandiamo: ma se Casseri era lo squilibrato che ora dipingono i suoi camerati, che cosa sarebbero questi stessi che pendevano dalle sue labbra durante le presentazioni o leggevano i suoi scritti? Lorenzo Berti quando prende le distanze da Casseri mente sapendo di mentire, quando i militanti di Casa Pound prendono le distanze dall’atto violento mentono sapendo di mentire, quando Iannone rifiuta l’etichetta di movimento squadrista per la sua creatura CP mente sapendo di mentire…ma del resto cosa aspettarsi da dei fascisti? Chi avesse solo qualche mese di memoria ben ricorderebbe un manifesto affisso da Casa Pound in tutta Italia, ed anche a Pistoia, mi riferisco al manifesto del Turbodinamismo, una sorta di decalogo che al punto numero uno recita “Turbodinamismo è esaltare il gesto gratuito, violento e sconsiderato, con deferenza e riguardo al vestirsi bene”, ebbene sembrerebbe che –scripta manent- Casseri abbia preso sul serio queste righe, come probabilmente avrà apprezzato anche quello scritto al punto otto “Agli anestetizzati del buonismo annunciamo che faremo sistematicamente a pezzi tutto quanto solo per il gusto di farlo. Siamo ben consci che rispondere puntualmente “perchè fa ride” a chi ci domanda il motivo di tanta intolleranza non fa che ingrassare il nostro alone di turpitudine, però fa ride”…coerente, ma ci chiediamo come mai i suoi camerati invece di ridere prendano così scompostamente le distanze da chi mette in atto le loro idee. Tutto questo dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, la continuità culturale tra Casseri ed i suoi camerati, come il suo gesto sia frutto di una lucida follia veicolata quotidianamente da CP, occultata parzialmente dietro demagogiche iniziative a sfondo sociale. Chi afferma che il Gesto del killer non sia da ricondurre ad una certa scuola politica si rende complice dell’addensarsi cupo della nube di razzismo e xenofobia che sta lentamente ricoprendo l’Italia e che sarà cavalcata dai poteri forti (economici ed in seconda battuta politici) per creare instabilità sociale e fomentare guerre fra poveri che li lascino liberi di poter riorganizzare –in senso ancor più classista- questa società che si configura come una gabbia dalle aeree sbarre. Come sempre nella storia il fascismo verrà utilizzato come strumento –più o meno consapevole- di repressione delle istanze di chi non vorrà vivere un’esistenza da schiavo. Il problema vero non sono i fascisti, ma non sono un accidente da ignorare, pena spiacevoli accadimenti futuri, per questo è giunta l’ora di farla finita una volta per tutte con questi fantasmi del passato che non passa, le sedi neofasciste devono essere chiuse, con le modalità che si riterranno necessarie, non c’è da perdere tempo.

Casseri su Ideodromo

Casseri su Ideodromo

album di famiglia

album di famiglia

Nella foto sopra: Il fascista Casseri; il Fascista Fabio Barsanti, responsabile regionale di CP; Il fascista Massimo Dessì, che dopo essersi inventato le testimonianze contro gli antifascisti accusati dell’assalto alla sede di CP a Pistoia e godere dei soldi dei risarcimenti per pagare i propri debiti è scappato in Estonia dopo le prime assoluzioni; Il fascista Lorenzo Berti, esempio di beltade italica e responsabile provinciale di CP…che bell’album di famiglia…

Fatti di Firenze, Casseri e CasaPound…Aggiornato

CasaPound si è affrettata a definire Casseri semplice simpatizzante, squilibrato…ma per essere tale godeva comunque di una certa considerazione all’interno del gruppo neofascista, tanto da meritarsi una pagina sul loro sito di propaganda “ideodromo”…che ovviamente è stata prontamente cancellata ma che potete vedere nella foto qui sotto. Da aggiungere che Casseri aveva presentato il suo libro “Le chiavi del chaos” in vari covi di CP in giro per l’Italia…ora, se Il nostro era uno squilibrato, un pazzo, come dovrebbero definirsi coloro che fino a ieri pendevano dalle sue labbra?

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Aggiorniamo con questa foto di Casseri ad un’altra iniziativa di CP presso l’ex carcere di Veneri, qui si può vedere assieme ai suoi camerati pistoiesi, quelli che ora tentano di minimizzare il suo apporto alle attività del covo di Via S. Marco…

Sergej Butkov – “Le cime di Pietroburgo”.

Le cime di Pietroburgo di Butkov, contemporaneo di Gogol, esce nel 1845.

Attenta disamina della società russa di metà ottocento, il testo è ambientato nelle soffitte pietroburghesi, quelle “cime” a metà strada fra inferno e paradiso abitata soprattutto da piccoli funzionari pubblici, alcuni cinici arrivisti, altri sognatori disillusi, tutti cristallizzati in un’esistenza da Cinovnik fatta di stenti, speranze appassite e vite tradite.

L’opera, che si inserisce nel filone del naturalismo russo è figlia di una scrittura essenziale ma mai noiosa o arida, permeata da un’ironia amara che a tratti assume i lineamenti della disperazione che però si tramuta quasi subito, come ad esempio nel racconto “L’abito buono” in una “serena” accettazione della propria misera condizione.

Le storie sono popolate di personaggi le cui esistenza è segnata già alla nascita da un’organizzazione sociale staticamente divisa in classi dalle quali solo la fortuna, la benevolenza di un protettore o un matrimonio ben ponderato possono aprire uno spiraglio di felicità –comunque scontata a caro prezzo- rappresentata dal quantitativo di Rubli che si riusciranno a mettere assieme il primo del mese.

Nelle storie si rincorre una speranza tisica, una felicità di cartapesta legate ad un nastrino, un matrimonio d’interesse che puntualmente non arriva o se lo fa comunque pretende un duro scotto da pagare. Un orizzonte tutt’altro che rassicurante sotto il cielo grigio di una Pietroburgo che da città diviene quasi paesaggio di quell’anima della piccola Russia costellata di miseri funzionari statali, piccoli proprietari oppressi e la grande massa di diseredati che davanti a loro non hanno che un futuro piatto e ben nitido, granitico nella sua irreversibilità che stride in maniera dolorosa con quel benessere esclusivo appannaggio delle “persone per bene”, che sembra così vicino ma che nonostante gli sforzi probabilmente nessuno di loro riuscirà ad afferrare.

Un testo godibile che tratteggia in maniera esemplare un settore della società russa all’ombra della nascita dei movimenti rivoluzionari che animeranno il paese negli anni a venire e che oltretutto ci dimostra come pur in un’epoca lontana e ad esotiche latitudini le aspirazioni di una massa rassegnata siano sostanzialmente le stesse.

Accendiamo fuochi

Mentre le sedi destroidi in Firenze fanno la fine che ogni tana di politicante dovrebbe fare –ed è un augurio che ciò accada- i reietti investiti del compito abbietto di strozzare ogni anelito di Libera Vita compilano 10 inutili carte igieniche.

Nel momento nel quale miseri e strani esseri indossanti ufficiali vasi da notte allontanano dalle pudiche pietre di una piazza chi dalla disperazione trae forza e i ribelli della montagna si scontrano con i ruvidi ecce omo posti a difesa della futura(?) velocità dei padroni del fuoco, si annusa nell’aria un odore acre di deflagrazione che si prepara e quest’odore è qui ed altrove e non potrà essere certo l’olezzo dell’autorità che decompone a coprirne i delicati aromi.

Tremi l’obbedienza, ché balleremo sulle sue ossa che già sono polvere.

Mark Twain, una voce scomoda nella cultura americana

Esistono nella storia dell’Arte, come del resto nella storia umana tout court, personaggi che nel corso degli anni subiscono, ovviamente post mortem, un’edulcorazione della propria figura, mondata in maniera artificiosa da quegli elementi di disagio, non allineati, che in vita li avevano portati a scontri più o meno violenti con l’intellighenzia ufficiale, le convenzioni sociali ed i gruppi di potere (in essere o in potenza) del periodo nel quale la loro vicenda umana si è dipanata.

La “normalizzazione” operata su questi personaggi ufficialmente è servita a “restituire alla collettività” l’opera del grande artista o personaggio “finalmente riconciliato” ed elevato ad esempio e simbolo del genio umano.

In realtà questa operazione di spoliazione ed impoverimento di queste figure, spesso precorritrici e cassandre di avvenimenti contemporanei, non è servita ad altro che a depotenziare il loro portato Rivoluzionario (nell’accezione più ampia del termine) o a cristallizzare in forma iconica, quindi semplificando e banalizzando elementi “non riconducibili”.

La voracità dei miseri ha spolpato la carcassa esanime di grandi personaggi per vestirli –ora che non possono più opporsi-  dei panni che preferiscono trasformandoli in figurine buone per tutte le stagioni.

Di esempi ne sono piene le pattumiere politiche, artistiche e sociali, basti citare un autore come Albert Camus, la cui figura è stata per anni esemplificata nel ruolo di scrittore/autore teatrale con sfumature sociali, passando sotto silenzio o relegando a ruoli marginali i suoi impegni come pubblicista, che in vita lo scagliarono in un isolamento dovuto alle sue posizioni impopolari sia all’interno della sfera politico/sociale (le sue invettive contro il colonialismo in Africa e per l’indipendenza dell’Algeria) istituzionale, che in una certa sinistra transalpina filo-russa (le sue feroci polemiche contro l’imperialismo sovietico che portarono fra l’altro alla rottura con l’amico ed intellettuale “organico” Sartre). Eppure eliminando o sottacendo la sua dimensione di impegno politico e sociale, mal si comprendono –a mio vedere- opere fondamentali come “Lo straniero”, “La peste” o ancor più “L’uomo in rivolta”, che senza questa prospettiva mancano del retroterra ideologico sul quale innestarsi e svilupparsi.

 

Sorte simile è toccata al grande romanziere americano Samuel L. Clemens, più noto con lo pseudonimo di Mark Twain, celebre come scrittore di romanzi per “ragazzi” come “Tom Sawyer” o “Le avventure di Huccleberry Finn” eppure Twain è stato anche altro, una sagace osservatore della propria contemporaneità affrontata con una prosa mai banale, asciutta e irriverente, a tratti comica e sarcastica ma (quasi) mai livorosa, sempre ricca di spunti.

Dagli articoli di giornale al racconto breve, dal paradosso alla favola.

Ateo ed anticlericale convinto, coscienza scomoda dell’America bigotta e puritana, ipocrita ed imperialista, irriverente libertario nonché antirazzista, caratteristiche queste che soprattutto nell’ultima parte della sua esistenza gli provocarono non pochi grattacapi ed attirarono su di lui sguardi non proprio benevoli da parte di varie chiese, personaggi pubblici, colleghi, ecc…

Eppure questo suo portato si può individuare anche nei suoi lavori più noti. La voglia e l’amor di Libertà di Huck Finn, la figura del suo amico, il nero Jim che si lega ai temi della schiavitù e del razzismo sono alcuni degli ambiti cari all’autore che permeano l’opera twainiana e che la rendono per questo ricca di testi leggibili su vari piani e quindi fruibili da individui di tutte le età/sensibilità.

Un autore complesso quindi, con una gran capacità di non perdere mai la sua vena di sarcasmo comicheggiante, anche trattando temi scabrosi come le ipocrisie palesi contenute nelle religioni con il loro portato di credulità, furbizia che gioca sull’ignoranza, utilizzata in ultima sintesi per mantenere i più in una condizione di minorità forzata, indotta e coltivata, temi che quindi fanno il paio con la sua critica al democratismo acritico (come se bastasse un termine a sancire dignità ed uguaglianza) e dello stato.

Articoli come “Alla persona che vive nelle tenebre”, critica ferocissima e senza mezze misure dell’ “esportazione del vangelo” , dito ossuto dietro al quale si nascondono ben altri interessi che non la salvezza forzata delle anime dei popoli africani “infedeli” è un ottimo esempio (consigliato) per comprendere meglio il Twain “sconosciuto” e un pezzo di tragica attualità se solo si sostituisce alla parola vangelo quella di democrazia, un termine rassicurante e condiviso da tutte le persone “per bene”, utilizzato come specchietto per le allodole al fine di occultare i reali interessi imperialisti.

Twain era un intellettuale tanto scomodo quando per noi attuale, che dovrebbe insegnarci un metodo inedito per attaccare il potere e che dovrebbe farci ricordare che dietro ogni icona c’è spesso una dimensione d’impegno civile sul quale si innesta (spesso) la sua opera e senza la quale non avremmo potuto godere del frutto di pagine ed inchiostro.

 

Evjenj Vasil’ev Bazarov